I materiali compositi
Quando parliamo di materiali compositi credo che un famoso proverbio popolare ne spieghi bene il principio alla base: "l'unione fa la forza". Per definizione infatti i materiali compositi sono costituiti da una matrice, le resine ad esempio, e da materiale di rinforzo, le fibre. I due materiali hanno di base caratteristiche diverse, ma la loro unione in un unico prodotto finale ne esalta e compensa le rispettive proprietà garantendo prestazioni più elevate e ampliandone di molto l'applicazione.
Quello che si intende per materiale composito è un sistema eterogeneo di due o più componenti, detti fasi. Solitamente le diverse fasi all’interno di un composito sono materiali differenti, fatta eccezione in rari casi come il C/SiC (Ceramic matrix composites, materiali compositi a matrice ceramica rinforzata da fibre ceramiche) e SRPP (Self-Reinforced PolyPropylene, Polipropilene autorinforzato). Si possono identificare come materiali compositi coloro che sono costituiti da due o più materiali fisicamente distinti e dispersi in modo controllato l’uno nell’altro. La loro caratteristica peculiare è che, in seguito all’unione delle singole fasi, si ottiene un prodotto con delle proprietà superiori a quelle dei singoli componenti. Sebbene si possa pensare che i materiali compositi siano nati recentemente, in realtà il concetto di rinforzare avvalendosi di fibre è molto antico, con addirittura dei riferimenti nella Bibbia.
Le caratteristiche di tali materiali dipendono dalle proprietà, distribuzione e geometria delle fasi, che svolgono ruoli differenti e dipendono dalla messa in opera e dal tipo di composito. Inoltre, è possibile introdurre degli ulteriori componenti con l’obiettivo di implementare le prestazioni finali, come filler (materiale di tipo particellare che conferisce al composito finale un alto grado di anisotropia, nonché resistenza al fuoco, duttilità e abrasione), additivi o fibre corte.
I principali costituenti dei compositi sono una fase continua (matrice), una fase dispersa (rinforzo) e l’interfaccia, che rappresenta la superficie di contatto tra le due.
Classificazione dei materiali compositi
La classificazione dei materiali compositi può essere effettuata sotto numerosi punti di vista, le più comuni sono quelle sui differenti tipi di matrice e di rinforzo. In base al tipo di matrice si suddividono:
- Compositi a matrice polimerica (PMC), costituita da resine vinilestere, poliestere ed epossidiche;
- Compositi a matrice ceramica (CMC), con maggiore resistenza e tenacità rispetto alle matrici ceramiche non rinforzate, dovute alle fibre di rinforzo che interferiscono con la propagazione delle cricche nella matrice;
- Compositi a matrice metallica (MMC), la cui caratteristica predominante è l’elevato rapporto resistenza/densità;
- Compositi a matrice cementizia.
A seconda del rinforzo si classificano in:
- Rinforzati con particelle, ulteriormente suddivisi in particelle grandi o con dispersione di particelle;
- Fibrorinforzati, con fibre allineate (continue) o corte (discontinue);
- Strutturali.
La matrice
Come definito precedentemente per matrice si intende la fase continua di un materiale composito. Anche se ha caratteristiche meccaniche inferiori alle fibre, svolge comunque ruoli fondamentali in quanto assicura protezione del rinforzo fibroso da agenti atmosferici e da attacchi di natura fisico-meccanica (impatti o abrasioni) e mantiene la stabilità geometrica del composito fungendo da legante. Inoltre, ha anche l’incarico di collante per conferire e mantenere un adeguato livello di adesione tra elemento rinforzato e le fibre, in modo tale da resistere alle sollecitazioni di taglio nell’interfaccia matrice-fibra. Il materiale con il quale si realizza la matrice incide perciò sulle prestazioni del composito.
Nel capitolo antecedente a questo era stata data una prima classificazione dei compositi in relazione alle tipologie di matrici. Più dettagliatamente possiamo suddividerle in primo luogo tra organiche e inorganiche. La differenza risiede nel legame chimico che le costituisce, nelle prime si ha un legame di tipo covalente, nelle seconde di tipo ionico o anche metallico.
Tra le matrici organiche troviamo quelle termoplastiche e termoindurenti. Esempi di matrici termoplastiche sono il polietilene, policarbonato, PVC o polipropilene; hanno elevata viscosità che rappresenta un loro limite principale ma può essere ridotta con un aumento di temperatura. Rispetto alle termoindurenti inoltre hanno una maggiore tenacità e temperature di transizione elevate. Tra le matrici termoindurenti le più utilizzate sono le resine poliestere, fenoliche ed epossidiche, che presentano una viscosità ridotta permettendo una facile impregnazione delle fibre e buona resistenza ad agenti chimici, restando però molto sensibili all’umidità.
Le fibre
Le fibre rappresentano la fase dispersa del composito, e come per le matrici anche loro si possono ottenere dalla lavorazione di differenti materiali che appunto resi sotto forma di fibra, ossia con una dimensione predominante sull’altra, riescono ad implementare la loro rigidezza e resistenza. Questo accade poiché al diminuire della sezione del materiale si ha anche una diminuzione dei difetti presenti in esso, che in genere riducono la resistenza.
Le caratteristiche delle fibre prese in considerazione sono:
- disposizione;
- densità del materiale;
- geometria;
- forma;
- dimensione.
Sul mercato si trovano come:
- filamento, genericamente con un diametro di 10 μm;
- cavo di filatura o “tow”, realizzato mettendo insieme migliaia di filamenti sotto forma di fascio;
- filato o “spun yarn”, filamento composto da fibre tenute insieme tramite torsione;
- filo assemblato o “roving”, ossia filati assemblati in modo parallelo;
- tessuti, dove le fibre possono essere organizzate come una rete di fibra, conferendo un comportamento anisotropo, e dove possiamo distinguere l’ordito (warp), la direzione principale, e la trama (weft), la direzione ortogonale alla prima.
Le fibre maggiormente utilizzate nei materiali compositi sono fibre di vetro, carbonio e arammidiche.
Nel corso della loro vita utile, gli edifici esistenti possono avere delle carenze di carattere strutturale, sia nei confronti delle azioni statiche, sia nei confronti delle azioni dinamiche. Questo può portare all’impossibilità di assolvere quelle funzionalità per le quali il corpo strutturale dell’edificio è stato originariamente concepito.
I motivi possono essere molteplici, in particolare si evidenziano i seguenti:
L’incremento del carico di natura statica genera delle criticità sui singoli elementi strutturali che vengono direttamente impegnati da tale effetto (travi inflesse, pressoflessione di pilastri), mentre carichi di tipo orizzontale come l’azione sismica, impegnano anche quelle parti dell’edificio che interessano i collegamenti tra i singoli elementi strutturali (nodi trave – pilastro, nodo solaio – parete) e pongono l’attenzione su alcuni criteri di progettazione, che mettono in discussione sia i dettagli costruttivi degli edifici esistenti presenti nel nostro patrimonio edilizio, sia le carenze progettuali di cui sono soggette molte delle nostre strutture.
L’obiettivo di alcune tipologie di rinforzi strutturali può essere individuato nelle seguenti:
Uno degli aspetti più rilevanti nell’impiego di alcuni sistemi di rinforzo strutturale risiede nella capacità di possedere un ottimale rapporto peso/resistenza e caratteristiche di anisotropia del rinforzo costituente, questo consente ad alcuni materiali di natura strutturale – i materiali compositi – di essere indirizzati nelle direzioni volute, ed intervenire (anche solo localmente se necessario) in modo “chirurgico”, sulla base dei principi di progettazione che discendono dalla scienza e tecnica delle costruzioni tradizionale.
Il principale riferimento normativo che regola la tematica è il CNR-DT 215/2018 (ver. 30/06/2020) “Istruzioni per la Progettazione, l’Esecuzione ed il Controllo di Interventi di Consolidamento Statico mediante l’utilizzo di Compositi Fibrorinforzati a Matrice Inorganica”, in accordo con le Linee Guida per i Lavori Pubblici.
Cosa sono i materiali compositi e quali gli ambiti di applicazione?
FRP, FRMC, CRM sono tecnologie per il recupero del patrimonio esistente come l’adeguamento e il rinforzo di strutture in cemento armato o di edifici in muratura.
“Un materiale composito è un sistema costituito da due o più fasi, le cui proprietà e prestazioni sono progettate in modo tale da essere superiori a quelle dei materiali costituenti che agiscono indipendentemente.”
Una delle due fasi è il ‘rinforzo’, essa è discontinua ed è la fase più rigida e più forte; mentre la fase meno rigida e più debole è chiamata ‘matrice’, che a sua volta è continua.
“Le proprietà di un composito dipendono dalle proprietà dei costituenti, dalla geometria e distribuzione delle fasi. Uno dei parametri più importanti è il volume (o il peso) del rinforzo.
La distribuzione del rinforzo determina le caratteristiche del sistema. La geometria e l'orientamento del rinforzo, invece, influiscono sull'anisotropia del sistema. La matrice, dall'altra parte, è il costituente principale per reggere i carichi e definisce le proprietà meccaniche del materiale."
I materiali compositi sono utilizzati per l’adeguamento e il rinforzo strutturale di strutture in muratura o cemento armato. A differenza dei metodi tradizionali, i materiali compositi risultano essere ‘più leggeri’ a parità di resistenza apportata; quindi, determinano un ridotto incremento dei carichi. Sono materiali reversibili, caratteristica rilevante quando si interviene su edifici di pregio storico. Inoltre, a seconda dello spessore e del peso specifico cambia la loro resistenza a trazione.
Tutti, ad eccezione dei CRM, come sarà meglio illustrato nel prosieguo, sono classificabili come materiali compositi, nell’accezione comunemente attribuita nella letteratura scientifica a questo termine.
Benché non inseriti nelle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC, approvate con Decreto Ministeriale del 17 gennaio 2018) tra i materiali utilizzabili a scopo strutturale, tuttavia al paragrafo 8.6 di dette Norme è chiarito che per i soli interventi sulle strutture esistenti possono essere altresì utilizzati materiali non tradizionali, purché nel rispetto di normative e documenti comprovata validità, ovvero quelli elencati al capitolo 12 delle stesse NTC.
Se i risultati conseguiti con un impiego corretto di tali materiali è risultato più che soddisfacente, come peraltro comprovato dall’ampia bibliografia tecnica e scientifica disponibile in campo internazionale, le maggiori difficoltà che si incontrano sul piano operativo attengono al processo di identificazione, qualificazione ed accettazione in cantiere, non sempre già disponibile.
Al paragrafo 11.1 delle NTC viene infatti prescritto che i materiali e prodotti per uso strutturale debbano essere identificati univocamente a cura del Fabbricante, secondo le procedure applicabili; qualificati sotto la responsabilità del produttore, secondo le procedure applicabili; accettati dal Direttore dei lavori mediante acquisizione e verifica della documentazione di qualificazione, nonché mediante eventuali prove sperimentali di accettazione.
Generalmente i materiali innovativi ricadono nel caso C di detto paragrafo, che prescrive al Fabbricante l’obbligo di munirsi della marcatura CE sulla base di una pertinente “Valutazione Tecnica Europea” (ETA) oppure di ottenere un “Certificato di Valutazione Tecnica” (CVT), rilasciato dal Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, previa istruttoria del Servizio Tecnico Centrale, anche sulla base di Linee Guida approvate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, ove disponibili.
Con il presente articolo gli autori intendono fornire al lettore una panoramica delle caratteristiche morfologiche e meccaniche essenziali dei sopraelencati materiali innovativi, insieme con la descrizione del corrispondente quadro normativo aggiornato all’attualità, ai fini della loro corretta circolazione nel mercato dei materiali da costruzione per uso strutturale, nel rispetto del dettato delle NTC e di quanto richiesto nell’Allegato 1 del Regolamento UE 305/2011.
Cosa si intende per materiali compositi?
Quali sono i loro principali vantaggi rispetto alle tecniche tradizionali in edilizia?
Proprio nel consolidamento strutturale emergono molti dei vantaggi dei compositi rispetto alle tecniche più tradizionali. In primo luogo l'elevata resistenza a trazione in relazione a spessore e peso specifico. Ciò consente di effettuare fasciature con spessori molto contenuti e quindi di garantire variazioni minime rispetto alle dimensioni originarie degli elementi oggetto di intervento. Inoltre, a parità di aumento delle resistenze apportate, sono molto più leggeri rispetto agli interventi tradizionali senza incrementare in maniera significativa i carichi di progetto. Ma non solo, in caso di interventi sul patrimonio storico, magari vincolato, i compositi forniscono delle ottime caratteristiche di reversibilità. Ciò significa che è possibile riportare il manufatto alle medesime condizioni in cui si trovava prima dell'intervento, con relativa facilità. I progettisti inoltre apprezzano molto la versatilità e adattabilità offerta dai materiali compositi all'interno del progetto di consolidamento.
Le sigle che caratterizzano i sistemi compositi in edilizia sono molte.
FRP - Fiber Reinforced Polymers
I materiali compositi fibrorinforzati in matrice polimerica sono detti appunto FRP (Fiber Reinforced Polymers). Sono costituiti da fibre di vetro, carbonio o aramide, con geometrie a nastro o rete o ad elementi rigidi pultrusi, che vengono incollate alla struttura da rinforzare e impregnate con una matrice organica, di solito una resina epossidica. Oggi trovano un largo impiego nel settore del recupero dell'esistente, per consolidamenti di elementi strutturali e non strutturali in muratura, c.a. e legno. Risultano particolarmente adatti ad esempio per placcare elementi inflessi, rinforzare a taglio travi e setti, confinare pilastri e, in generale, cerchiare edifici.
Il rinforzo è costituito da fibre con elevate proprietà meccaniche come il carbonio, il vetro o l’aramide. Invece, la matrice è di natura organica, la resina epossidica.
Il sistema FRP è formato da 3 strati: primer (la matrice), tessuto di armatura e adesivo; esso viene incollato al substrato interessato dall’intervento di rinforzo. I sistemi FRP possono essere impregnati in situ o essere pre-impregnati, si parla in questo caso di FRP preformati e si presentano sotto forma di lamelle.
Entrambi i sistemi sono certificati secondo la norma di riferimento, che per gli FRP è il Decreto del Presidente del Consiglio Superiore dei LL.PP. n.293 del 29 maggio 2019, al quale è allegata la Linea Guida per la identificazione, la qualificazione ed il controllo di accettazione di compositi fibrorinforzati a matrice polimerica (FRP) da utilizzare per il consolidamento strutturale di costruzioni esistenti.
La matrice, ovvero il primer, fa lavorare in modo omogeneo tutti i filamenti della fibra, oltre che proteggerla.
Gli FRP possono essere usati per interventi di tipo puntuale e i campi di impiego sono diversi:
- rinforzo pilastri;
- rinforzo travi in c.a.;
- rinforzo di archi, volte e cupole;
- rinforzo di strutture murarie snelle (torri, campanili, ecc.);
- antiribaltamento di pannelli in muratura o a sezione il cls armato.
Cosa è un fibrorinforzo FRCM?
I sistemi di rinforzo strutturale FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix) derivano dall’accoppiamento di una rete di fibra in carbonio o vetro con una matrice inorganica cementizia. Le fibre nel caso degli FRCM sono delle reti di diversi passi e grammature, ma sempre a maglie piuttosto larghe, per consentire alla malta un perfetto inglobamento. Quella degli FRCM è stata la tecnologia che ha soppiantato di recente i tradizionali intonaci armati con rete metallica. Infatti i sistemi FRCM hanno dimostrato di avere numerosi vantaggi tecnici e applicativi a loro favore quali la maneggevolezza e lavorabilità in cantiere o la radiotrasparenza rispetto alla rete, nonché la possibilità di applicazione della rete di rinforzo con matrici a base di calce idraulica naturale, che presenta una buona compatibilità con le murature esistenti. Quindi la loro diffusione, specie in ambito di ricostruzione post sisma, è stata notevole. Si usano per intonaci armati, sarcitura di lesioni passanti (applicandoli su due lati) e non passanti (applicandoli su un solo lato), oppure per il collegamento perimetrale di tamponature e partizioni interne a pilastri e travi emergenti e non.
Nello specifico citando il CNR-DT 215/2018 §2.1 essi sono descritti come composti dalla combinazione di una fase fibrosa resistente a trazione inglobata in una matrice in grado far aderire il sistema di rinforzo al supporto da consolidare.
La rete fibrosa è composta da acciaio ad alta resistenza, arammide, basalto, carbonio, PBO e vetro messi in opera sotto forma di piccoli trefoli allo scopo di ottenere superfici corrugate che favoriscano l’adesione tra rinforzo e matrice, la quale invece è unicamente di tipo inorganico quindi a base di calce o cementizia.
Generalmente i sistemi di rinforzo FRCM hanno uno spessore compreso tra i 5 e 15 mm. Nel caso di più reti lo spessore cresce ma non può mai essere maggiore di 30 mm.
L’elevato rapporto fra resistenza e peso dei sistemi FRCM consente di esaltare le prestazioni meccaniche dell’elemento strutturale rinforzato, contribuendo essenzialmente a resistere agli sforzi di trazione senza incrementarne la massa o modificarne significativamente la rigidezza.
I rinforzi FRCM mostrano, in generale, una buona compatibilità chimico-fisica con i substrati di muratura e di calcestruzzo, una certa permeabilità al vapore e inoltre possono essere preparati ed applicati con semplicità mediante procedure fondamentalmente tradizionali, anche su superfici umide.
A differenza degli FRP la matrice dei sistemi FRCM è unicamente di tipo inorganico quindi a base di calce o cementizia (malta) . Il rinforzo invece è costituito da una rete o da elementi monodirezionali organizzati su un supporto a rete.
La rete di rinforzo può essere realizzata con fibre continue di una o più delle seguenti tipologie di materiali:
- acciaio ad alta resistenza;
- aramide;
- basalto;
- carbonio;
- poliparafenilenbenzobisoxazolo (PBO);
- vetro alcali-resistente (AR).
Anche per gli FRCM con decreto n. 627 del 3 dicembre 2019 del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sono state pubblicate le Linee Guida per la progettazione, l’esecuzione e la manutenzione di interventi di consolidamento strutturale.
Per quanto concerne le limitazioni geometriche le linee guida stabiliscono che:
“- il rinforzo deve essere realizzato impiegando una rete costituita da maglie della dimensione massima di 30x30 mm;
- la rete deve essere annegata in uno spessore di malta compreso tra 5 mm e 15 mm.
- lo spessore della malta di 15 mm può essere superato soltanto se in fase di progettazione si preveda la sovrapposizione di più strati di rete;
- la malta può raggiungere al massimo i 30 mm."
Un intervento di rinforzo con sistemi compositi FRCM si sviluppa in uno spessore massimo di 3 cm e lavora principalmente in adesione al supporto, per questo motivo è definito sistema a basso spessore.
Gli FRCM sono usati sia per interventi di tipo puntuale che per interventi estesi. I campi di impiego dei sistemi FRCM riguardano sia le strutture in muratura che quelle in cemento armato.
“Per le strutture in muratura è possibile realizzare rinforzi di pannelli a flessione e a taglio, rinforzi su superfici curve come archi e volte, cordolature di piano e sommitali e il confinamento di pilastri e colonne. Per le strutture in cemento armato è possibile eseguire rinforzi a flessione e taglio di travi, setti e pilastri, il confinamento di pilastri e il rinforzo di nodi trave-pilastro," così come interventi di anti-sfondellamento o di rinforzo strutturale dei solai in latero-cemento.
I sistemi di rinforzo FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix) presentano un legame costitutivo a trazione uniassiale differente rispetto a quello dei sistemi FRP (Fiber Reinforced Polymers) con matrice organica.
Infatti, il sistema FRP si configura in una posizione intermedia in termini di comportamento tra quello della matrice organica – tipicamente resina epossidica – e quello delle fibre di rinforzo, con caratteristiche di legame costitutivo elastico lineare.
Legame costituivo elastico lineare per FRP
Legame costituivo non lineare per FRCM
Mentre i sistemi FRCM, di maggiore innovazione rispetto ai consolidati sistemi FRP, presentano un legame costitutivo caratterizzato da una prima fase nella quale contribuisce il ruolo della malta/matrice inorganica, seguita da uno sviluppo fessurativo all’interno della matrice stessa e poi il residuale contributo della sola rete secca.
Tale comportamento, evidenzia una pseudo – duttilità degli FRCM rispetto ai sistemi FRP, che si manifesta in un vantaggio in termini di duttilità locale del materiale di rinforzo, applicato all’elemento strutturale oggetto di intervento. Tale duttilità locale avrà poi degli effetti positivi se declinata all’individuazione della duttilità globale di sistema, un approccio ricercato in tutti gli elementi strutturali che hanno necessità di dissipare energia, e disporre di capacità di deformazione in relazione alla presenza di condizioni gravose di carico, per esempio l’azione sismica.
La normativa per i sistemi di rinforzo strutturale FRP ed FRCM
Lo strumento attualmente impiegato, in ambito progettuale ed in vigore, è costituito dalla Norme Tecniche delle Costruzioni di cui al D. M. 17/1/2018 nel seguito indicate brevemente NTC 2018.
Nel capitolo 12 delle NTC 2018 si contempla l’opportunità di impiegare norme di progettazione di comprovata validità, per tutti quei sistemi che non sono trattati all’interno delle NTC 2018, purché si garantiscano gli stessi livelli di sicurezza delle norme tecniche.
Tra questi documenti di comprovata validità, ci sono le Istruzioni del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e le Linee Guida di Progettazione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (CSLP).
Si impiegano dal punto di vista della progettazione, nel caso dei sistemi FRP, le Linee Guida di Progettazione del luglio 2009 del CSLP e le Istruzioni DT200R1/2013 del CNR, mentre nel caso dei più recenti sistemi FRCM si impiegano le Linee Guida di Progettazione del CSLP di ottobre 2019 e le rispettive Istruzioni DT215/2018 del CNR.
Parallelamente a questo processo normativo in ambito progettuale, il capitolo 11 delle NTC 2018 prevede la necessità da parte del Direttore dei Lavori di accettare i sistemi di rinforzo strutturale impiegati, a seguito di un processo di qualificazione sostenuto dal fabbricante.
Nel caso dei sistemi FRP, sono state seguite le Linee Guida per l’identificazione, qualificazione e controllo di accettazione di compositi fibrorinforzati a matrice polimerica del CSLP di luglio 2015 e successivamente aggiornate nel maggio 2019.
Invece nel caso dei sistemi FRCM si farà riferimento alle Linee Guida per l’identificazione, qualificazione e controllo di accettazione di compositi fibrorinforzati a matrice inorganica del CSLP di dicembre 2018 e pubblicate nel gennaio 2019.
Il documento che il Direttore dei Lavori dovrà accettare in cantiere da parte del fabbricante è quello definito mediante l’acronimo C.V.T. (Certificato di Valutazione Tecnica). In alternativa a tale documento, si potrà richiedere la D.O.P. (Declaration of Performance) con rispettiva marcatura CE del sistema oggetto di rinforzo.
Nel caso dei sistemi FRP bisogna avere i CVT secondo le Linee Guida del CSLP sopra indicate altrimenti occorre attivare l’intero processo di qualificazione secondo le Linee Guida sopra indicate, propedeutico all’ottenimento del C.V.T. per i rispettivi sistemi di rinforzo strutturale.
I sistemi di rinforzo FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix) sono sistemi compositi a basso spessore per strutture in calcestruzzo armato o muratura che sostituiscono i più tradizionali interventi di rinforzo spesso invasivi dal punto di vista statico ed estetico.
Sono state introdotte diverse tipologie di sistemi.
Vengono impiegati due diversi tipi di fibre, PBO (poli – parafenilen – ben – zobisaxolo) e Carbonio. Entrambi i materiali costituenti, presentano delle proprietà meccaniche ad alte prestazioni in grado di assorbire elevate condizioni di carico.
Le malte tecniche impiegate, differenziate nella formulazione per ciascun specifico sistema di rinforzo, consentono un’efficace adesione alle reti/tessuto secco e al substrato (calcestruzzo o muratura) con il quale vengono applicate.
Vantaggi dei sistemi FRCM in PBO
I principali vantaggi dei sistemi FRCM in PBO sono i seguenti:
Gli FRCM derivano dalla combinazione di una fase fibrosa resistente a trazione inglobata in una matrice inorganica in grado far aderire il sistema di rinforzo al supporto da consolidare. Sono sistemi da realizzare direttamente in situ per il rinforzo strutturale di opere esistenti in muratura o in conglomerato cementizio armato
Da giugno 2022 è scattato l'obbligo per tutti i Fabbricanti di fibrorinforzati di essere in possesso del CVT - Certificato di Valutazione Tecnica - per poter commercializzare in Italia i propri sistemi per il rinforzo strutturale.
Per i sistemi FRP e sistemi FRC è già scattata l'obbligatorietà del CVT. Mentre per i sistemi FRCM e CRM è scattata il 30 giugno 2022.
In questo articolo ci concentreremo su caratteristiche, vantaggi e normativa di riferimento relativa agli FRCM.
Elementi che compongono gli FRCM e le loro limitazioni geometriche
Le caratteristiche degli FRCM sono descritte nelle Linee Guida pubblicate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
Nei sistemi di rinforzo FRCM la matrice inorganica, a base di cemento o di calce, viene rinforzata con reti realizzate con fibre continue di una o più delle seguenti tipologie di materiali:
- acciaio ad alta resistenza;
- aramide;
- basalto;
- carbonio;
- poliparafenilenbenzobisoxazolo (nel seguito PBO);
- vetro AR.
Nel sistema FRCM possono essere presenti anche componenti organiche (la cui percentuale complessiva in peso non può essere superiore al 10% del legante inorganico), quali:
- promotori di adesione rete-matrice;
- additivi per il miglioramento delle proprietà reologiche (di presa, ecc.) della matrice;
- componenti aggiunte in situ per promuovere l'adesione “fresco su fresco”.
All'aumentare della percentuale complessiva delle componenti organiche, il sistema FRCM può conseguire un decadimento delle proprietà di permeabilità, durabilità e di comportamento al fuoco.
Per quanto riguarda le modalità di applicazione dei sistemi di rinforzo FRCM, lo spessore è compreso, nel caso di una singola rete, tra 5 e 15 mm, al netto del livellamento del supporto. Nel caso di più reti lo spessore massimo non può essere superiore a 30 mm. La distanza netta tra il contorno dei fili o dei trefoli, nelle direzioni in cui sono presenti, non può essere superiore a due volte lo spessore della malta e comunque non può essere maggiore di 30 mm.
FRCM: impieghi in edilizia e vantaggi
I sistemi FRCM, analogamente a quelli FRP, vengono impiegati per gli interventi di consolidamento e rinforzo strutturale su edifici esistenti sia per le strutture in muratura sia per quelle in cemento armato.
Nel caso di edifici in muratura, i sistemi FRCM possono essere impiegati per il rinforzo a flessione e taglio di pannelli murari e per evitare meccanismi locali di collasso. In elementi curvi, quali archi e volte, possono essere facilmente applicati sulla superficie estradossale e/o intradossale (opportunamente collegati da connettori), per incrementarne la duttilità e la resistenza. Sono inoltre impiegati per la realizzazione di cordolature di piano e per il confinamento di pilastri e colonne in muratura.
Nel caso di edifici in cemento armato, i sistemi FRCM possono essere impiegati per il rinforzo a flessione e taglio di travi portanti e setti in c.a. Vengono inoltre impiegati per il confinamento di pilastri in c.a., al fine di aumentare la capacità portante e la duttilità degli stessi, e per il rinforzo dei nodi trave-pilastro.
Gli FRCM offrono un ampio numero di vantaggi. Oltre a quelli forniti anche dai sistemi FRP, quali:
1. elevato rapporto resistenza/peso,
2. facilità di applicazione
3. ridotta invasività dell'intervento
Gli FRCM garantiscono anche:
1. Migliore resistenza al fuoco e alle alte temperature
2. Maggiore compatibilità ai supporti murari
3. Elevata traspirabilità
4. Facilità di installazione da parte delle maestranze “tradizionali”
FRCM: prove di qualificazione per il rilascio del CVT
Come anticipato in apertura, le Linee Guida relative alla qualificazione delle quattro principali tipologie di materiali compositi ad uso strutturale - FRP, FRCM, CRM ed FRC - sono state approvate nel 2019: tra il 2020 e il 2022 scatta l'obbligo per tutti i Fabbricanti di essere in possesso del CVT - Certificato di Valutazione Tecnica - per poter commercializzare in Italia il proprio prodotto.
Per gli FRCM l'obbligo è scattato a partire dal 30 giugno 2022.
Per ottenere il CVT, il Fabbricante deve fare eseguire tutte le prove di qualificazione (prove iniziali di tipo) ad apposito Laboratorio Autorizzato che emette specifico Rapporto di Prova e lo invia direttamente al STC.
Le prove sugli FRCM vengono eseguite sulla base delle specifiche Linee Guida per l'identificazione, la qualificazione e il controllo per l'accettazione in cantiere, approvate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici per garantire qualità e sicurezza delle opere e delle infrastrutture.
Questo l'elenco delle prove di qualificazione degli FRCM che il Fabbricante deve far eseguire presso apposito laboratorio ufficiale autorizzato.
PROVE DI TIPO MECCANICO SU FRCM
- Prove di trazione su rete (tessuto)
- Prove di trazione su provini di FRCM
- Prove di trazione in presenza di sovrapposizione di reti
- Prove di trazione sulle fibre d'acciaio dopo la piegatura
PROVE DI DURABILITÀ SU FRCM
- Provini non condizionati (“di riferimento”)
- Resistenza a cicli di gelo-disgelo
- Resistenza all'umidità
- Resistenza agli ambienti salini
- Resistenza agli ambienti alcalini
- Comportamento alle sollecitazioni termiche
- Resistenza agli ambienti salini delle fibre in acciaio dopo la piegatura
Per definizione un sistema FRCM ha uno spessore compreso tra 5 e 15 mm con tessuti o reti con maglia massima di 30 mm.
Tutti i sistemi sono costituiti da:
- Un componente fibroso (ad es. tessuto in fibra di acciaio o reti in vetro AR)
- Matrice inorganica costituita da malta strutturale (ad es. a base di calce)
- Eventuali dispositivi di connessione
Un sistema FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix) è di tipo composito in quanto si compone di una matrice inorganica a base cementizia o di calce idraulica naturale e di un’armatura di rinforzo. Questi compositi spesso sono definiti anche TRC (Textile Reinforced Concrete), TRM (Textile Reinforced Mortar), IMG (Inorganic Matrix-Grid Composites) o CRM (Composite Reinforced Mortar).
I sistemi FRCM sono impiegati nel rinforzo strutturale di edifici esistenti in muratura o calcestruzzo armato e prevedono uno spessore di malta, applicata in situ, generalmente compreso tra 10 e 20 mm. L’eventuale regolarizzazione della parete muraria deve essere sempre effettuata prima del rinforzo con idoneo prodotto.
Tutti i prodotti di cui si costituisce il sistema di rinforzo è preferibile che siano forniti da uno stesso Fabbricante e siano accompagnati da un manuale di installazione.
L’armatura in genere è costituita da tessuti monoassiali o da reti bidirezionali in acciaio (galvanizzato o inox) o in fibra sintetica (vetro A.R., basalto, carbonio, arammide, PBO, etc).
Le fibre sono raggruppate in yarns (fili) e possono essere secche (carbonio, arammide, PBO) oppure impregnate in resine organiche (vetro A.R., basalto). Più yarns collegati da filamenti metallici o in poliestere possono formare uno strand. La distanza tra i fili nelle due direzioni identifica la dimensione della maglia (in genere indicata come trama e ordito).
La distanza netta tra il contorno dei fili non dovrebbe essere superiore a 2 volte lo spessore della malta o 30 mm.
La grammatura del tessuto definisce il peso della rete per unità di superficie e deve essere valutato al netto di un eventuale appretto.
La matrice è applicata fresco su fresco e può essere a base di cemento o di calce idraulica naturale, in genere è fibrorinforzata e può contenere all’interno componenti organiche in quantità non superiore al 5% in peso del legante inorganico al fine di non inficiare le caratteristiche di traspirabilità del sistema.
Una delle procedure di caratterizzazione meccanica dei sistemi FRCM è il test di trazione monoassiale di campioni di rinforzo di larghezza non maggiore di quella degli afferraggi della macchina di prova e tale da includere almeno 3 yarns e larghezza superiore a 5 volte la lunghezza del provino. Alle estremità si installano dei talloni in FRP (CFRP, GFRP) o in metallo (acciaio, alluminio), di lunghezza minima 50 mm e spessore maggiore di 2 mm, per agevolare l’afferraggio e una corretta distribuzione delle tensioni. Per evitare disallineamenti del campione nella macchina di prova si utilizza una cerniera autoallineante.
Fig. 4: cerniera autoallineante per prova di trazione monoassiale
La prova è eseguita a controllo di spostamento a una velocità inferiore a 0,2 mm/min su almeno 6 campioni provenienti dallo stesso lotto e maturati nelle stesse condizioni.
Il valore della deformazione nel campione è misurato tramite trasduttori di spostamento e la massima tensione di trazione è pari a:
Il tipico legame costitutivo dei sistemi FRCM in prova di trazione monoassiale è schematizzabile da una polilinea a tre spezzate, corrispondenti rispettivamente allo stato non fessurato della matrice (stadio A), quello in fase di fessurazione (stadio B) e infine quello fessurato (stadio C).
Fig. 5: legame costitutivo tipo per FRCM
In genere il secondo stadio non è lineare, ma consiste in una serie di cadute di tensione visibili nel grafico come i denti di una sega corrispondenti ognuno alla formazione di una nuova fessura e avvertibile da evidenti scricchiolii nel campione.
Fig. 6: vista delle fessure in stadio B
Lo stadio B evolve finché non raggiunge la situazione di “fessurazione stabilizzata”, ossia si è aperto un numero tale di crepe oltre il quale non se ne formano di nuove.
Nello stadio C si assiste alla sola deformazione del tessuto di rinforzo contenuto nella matrice fino a sfilamento o rottura. Per questo motivo l’ultima spezzata del legame costitutivo ha pendenza molto simile a quello del legame costitutivo della sola fibra testata a trazione monoassiale.
Confronto tra FRP e FRCM
Come accennato, l’esigenza sempre maggiore di materiali ad elevate prestazioni utilizzati come rinforzo strutturale ha condotto nel corso degli anni allo sviluppo di tecnologie e prodotti disponibili. I primi prodotti ad essere commercializzati sono stati gli FRP (Fiber Reinforced Polymers). Si ottengono da una matrice polimerica, in genere una resina in grado di garantire una distribuzione uniforme delle tensioni tra le fibre stesse e tra le fibre e l’elemento strutturale da rinforzare, e il rinforzo rappresentato dalle fibre, che conferiscono elevata rigidezza e resistenza a trazione. Gli FRP presentavano procedure di installazioni rapide e semplici, erano leggeri e mostravano buone proprietà di rinforzo (Appl. Sci. 2020, 10, 2865). In accordo a tutto ciò le loro applicazioni divennero numerose, ad esempio per compensare il degrado dei materiali esistenti, messa in sicurezza in caso di eventi sismici, variazioni di destinazione d’uso o rinforzo e confinamento di elementi portanti.
Nonostante gli indiscutibili vantaggi, presentano numerosi limiti:
- vulnerabilità a fattori ambientali come umidità, temperatura, raggi UV;
- non traspirabilità, per cui fortemente sconsigliati in ambienti umidi;
- scarsa resistenza al fuoco;
- considerevole impatto ambientale dovuto al loro difficile smaltimento e riciclo;
- costi elevati.
Oggi l’attenzione è riposta su una seconda generazione di prodotti basati sull’impiego di una matrice inorganica a base di calce o cemento e di tessuti incorporati, denominati con l’acronimo FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix). Tra i loro principali vantaggi troviamo una buona compatibilità con i supporti in muratura e calcestruzzo armato, traspirabilità, facile messa in opera e buona resistenza ad alte temperature, al fuoco e agenti atmosferici.
Proprietà e caratteristiche
Densità
Una delle priorità maggiori in ambito strutturale è quello di raggiungere una certa capacità portante prevista in sede progettuale con il minimo aumento di peso. Obiettivo largamente soddisfatto in quanto il peso specifico dei sistemi FRCM oscilla tra i 1350 e 2300 kg/m3, valore che dipende strettamente al loro mix design.
Comportamento ad alte temperature
Come riportato nel capitolo precedente, uno dei principali vantaggi è la buona resistenza alle alte temperature, grazie alla quale i dispositivi FRCM mantengono le proprie caratteristiche meccaniche e adesive per temperature di esercizio molto elevate. Tuttavia, è abbastanza marcata la differenza tra il coefficiente di dilatazione termica lineare che caratterizza la fase polimerica e quello che caratterizza la fase cementizia. Tale inconveniente viene amplificato quando si supera la temperatura di transizione vetrosa della fase polimerica, generalmente intorno ai 100 °C (Bellomo e D’Ambrosio, 2009).
Ragione per cui è richiesto un opportuno dosaggio delle fibre corte polimeriche per non compromettere la resistenza termica della matrice.
Comportamento al fuoco
Confrontando il comportamento a fuoco degli FRP con FRCM sottoposti ad un’esposizione a carico di incendio, si può osservare che per i primi già dopo 7’ si ha una perdita delle proprietà adesive e meccaniche, raggiunti i 15’ si ha un distaccamento completo dal supporto. Per i sistemi FRCM a 15’ si ha ancora perfetta aderenza con il supporto, questo dovuto all’impiego di matrici cementizie con un comportamento al fuoco molto simile a quello del supporto in calcestruzzo.
Dilatazione termica
La tipologia di aggregato influisce in modo predominante sul coefficiente di dilatazione termica. Se sotto posta ad un effetto termico, la malta può subire un aumento o una contrazione volumetrica. In genere per i conglomerati cementizi si riscontrano valori del coefficiente di dilatazione tra 0,8 e 1,2 mm/m°C, mentre utilizzando i conglomerati leggeri si riduce tale valore fino a 0,6 μm/m a 100°C. Sono invece gli aggregati calcarei e silicei ad aumentare il coefficiente.
Si può dire che gli scostamenti termici non rappresentano un problema per i materiali fibrorinforzati, contribuito anche dalla presenza di un appretto siliconico che riveste le fibre in grado di minimizzare gli effetti dovuti alla dilatazione termica.
Contenuto di fibre
Le tipologie di fibre che compongono gli FRCM sono prevalentemente due:
- le fibre lunghe costituenti l’armatura, il cui dimensionamento si determina allo Stato Limite Ultimo considerando una modalità di crisi per scorrimento della fibra nella matrice cementizia (delaminazione intermedia);
- le fibre disperse nella matrice, impiego ristretto solo ad una frazione in peso dell’1% e una frazione in volume del 0,5-2,5% in base al tipo di fibra.
Permeabilità all’acqua e resistenza alla diffusione del vapore
Uno degli aspetti negativi degli FRP è la scarsa traspirabilità, cosa che non avviene con i sistemi FRCM, permettendo un normale scambio termo-igrometrico con l’ambiente esterno. Problemi riscontrati nel caso degli FRP dovuti proprio ad una traspirabilità quasi nulla sono l’alterazione negativa delle proprietà meccaniche e di adesione. L’umidità presente nel supporto in calcestruzzo resta intrappolata e compromette il processo di catalisi della resina, riducendo la temperatura di transizione vetrosa e di conseguenza l’adesione fibra-supporto. Negli FRCM invece il legante inorganico non viene influenzato dall’umidità presente nel supporto.
Mescolando additivi polimerici acrilici in opportune quantità alla frazione inorganica, si permette la formazione di un film organico che riveste le superfici dei pori capillari, riducendo la permeabilità all’acqua in grado anche di veicolare agenti aggressivi esterni. Tuttavia, si penalizza in questo modo la permeabilità al vapore del supporto cementizio, che rimane comunque maggiore rispetto ai sistemi FRP anche del 50%.
Ritiro
La malta utilizzata, oltre per l’effetto di dilatazione termica, può subire delle variazioni di volume a causa dell’umidità relativa ambientale, effetto denominato ritiro igrometrico. Se esposta ad aria secca il volume diminuisce e si ha ritiro, con un alto tasso di umidità invece si rigonfia.
Per evitare il ritiro, fenomeno su cui ricade maggiormente l’attenzione in quanto può portare ad una fessurazione indotta da sforzi di trazione, si impiegano fibre disperse o additivi anti-ritiro che controllano la velocità di evaporazione dell’acqua di impasto.
Resistenza ai cicli di gelo-disgelo
Per implementare la resistenza ai cicli di gelo-disgelo si utilizzano additivi aeranti. L’acqua eventualmente presente nei pori capillari della malta, se solidifica può aumentare il proprio volume del 9%, aumentando la pressione esercitata e comportare la rottura della struttura cementizia. Tali additivi introducono delle microbolle con diametro tra i 100 e i 300 μm che contengono l’aumento di volume dell’acqua e di pressione indotta.
Materiali compositi: i CRM
CRM è l’acronimo di Composite Reinforced Mortars. In questo caso la matrice è sempre di natura inorganica, malte cementizie e/o di calce. Invece la parte di rinforzo è costituita da reti in materiale composito, reti preformate di FRP, resistenti al taglio.
La differenza sostanziale, rispetto agli FRCM, sta nella geometria del sistema
- la luce della maglia della rete è minimo 30x30 mm e comunque non superiore a quattro volte lo spessore della malta;
- lo spessore della malta varia tra 30 e 50 mm, superati i 50 mm siano nel campo delle soluzioni di rinforzo di tipo ‘tradizionale’.
Lo spessore della malta, sempre maggiore ai 30 mm, classifica i CRM come sistemi ad alto spessore.
Con un sistema CRM si realizzano i cosiddetti intonaci armati, che a differenza delle soluzioni tradizionali rinforzano senza aumento della massa. Si tratta di interventi di tipo esteso e secondo le linee guida del Consiglio dei Lavori Pubblici, pubblicate con il decreto n. 292 del 29 maggio 2019, la stratigrafia di un intonaco armato prevede la posa della malta in cui è annegata la rete in FRP e l’inserimento di connettori ad L preformati e dello stesso materiale della rete di rinforzo. A questo si aggiungono dei ‘fazzoletti’ di rete per un ulteriore rinforzo del sistema.
La traduzione letteraria dell’acronimo compositi CRM (Composite Reinforced Mortar) significa malta rinforzata con composito. Di per sé la traduzione letteraria descrive correttamente tale sistema di rinforzo che infatti si realizza andando a inglobare all’interno di una malta un intonaco, in questo caso un materiale composito, ovvero una rete preformata in fibra di vetro.
I compositi CRM hanno avuto una larga diffusione a seguito dei sismi del centro Italia, in maniera parallela ai sistemi compositi FRCM. Anche per essi la matrice è di natura inorganica, e quindi risulta maggiormente compatibile per edifici in muratura; possiamo distinguere due tipologie di matrici:
1. betoncini base calce;
2. betoncini base cemento.
A differenza dei materiali FRCM viene qui adottato il termine betoncino, poiché tale materiale viene applicato in spessore di intonaco, circa 4 cm.
CRM per gli edifici in muratura
L’unica applicazione possibile per i sistemi di rinforzo CRM sono gli edifici in muratura; per tale motivo è sempre preferibile adottare betoncini base calce, in grado di garantire la sufficiente traspirabilità al fine di ottenere un intervento di rinforzo compatibile con il supporto.
L’unico materiale di rinforzo adottabile per il sistema CRM è la rete bidirezionale; infatti, questo sistema di rinforzo è stato proposto con l’intento di andare a innovare la tecnologia tradizionale dell’intonaco armato con rete elettrosaldata bidirezionale, andando a sostituire un materiale più suscettibile al decadimento ambientale, come può essere l’acciaio, con un materiale più durabile, come appunto la fibra di vetro o arammide.
La rete preformata in fibra di vetro è quindi un materiale composito costituito da filamenti di fibra di vetro impregnati all’interno di una matrice di resine epossidica. Il processo di impregnazione avviene in stabilimento, per tale motivo la rete viene anche definita come rete in FRP; questa denominazione non deve però condurre nell’errore di considerare per questo tipo di sistema composito di rinforzo le relative linee guida e istruzioni tecniche definite invece per i sistemi FRP.
Come si realizza la rete FRP per il sistema CRM
La rete FRP del sistema composito CRM si realizza assemblando più componenti.
- Rete preformata: realizzata mediante impregnazione di fibre resistenti agli alcali, in vetro, carbonio, basalto o arammide in un’unica fase produttiva; le reti hanno la funzione di fornire un incremento della resistenza a trazione ed il confinamento degli elementi da rinforzare. Vengono in genere raccolte in rotoli alti 2 m e lunghi 20 m.
- Angolari: realizzati con i medesimi materiali e con lo stesso processo produttivo delle reti, con funzione di realizzare una continuità strutturale in corrispondenza degli angoli e delle aperture dell’edificio.
- Elementi di connessione: realizzati con i medesimi materiali, con la funzione di garantire il collegamento dell’intonaco armato con l’elemento murario e con il rinforzo installato sulla faccia opposta di quest’ultimo, laddove previsto. La connessione si costituisce di una barra preformata e di un fazzoletto in FRP.
Le fasi applicative
Dopo aver introdotto i materiali costituenti il sistema di rinforzo CRM descriviamo le fasi applicative, le quali possono essere fatte secondo due modalità.
1. Metodo di applicazione simile ai sistemi di rinforzo FRCM, dove su supporto saturo di acqua a superficie asciutta viene applicato un primo strato di rinzaffo al paramento murario con betoncino. Successivamente si realizza la messa in opera della rete in FRP, inglobandola parzialmente nella malta fresca del rinzaffo. Infine, avviene il ricoprimento totale del sistema di rinforzo con una seconda mano di betoncino strutturale. Il posizionamento dei connettori avviene prima dell’applicazione del secondo strato di intonaco. Per l’installazione degli stessi si utilizza una resina di inghisaggio.
2. Metodo di applicazione simile al rinforzo tradizionale con intonaco armato; un’altra soluzione di applicazione indicata dalla maggior parte dei produttori di tale sistema prevede inizialmente il fissaggio della rete al supporto installando i connettori e successivamente l’applicazione in un’unica mano dell’intonaco strutturale. Questa seconda soluzione prende spunto dalla realizzazione del classico betoncino armato con rete elettrosaldata.
E' il sistema di rinforzo strutturale secondo la tecnica dell’intonaco armato CRM - Composite Reinforced Mortar - che utilizza reti, connettori e angolari preformati in GFRP (Glass Fiber Reinforced Polymer) marcati CE e dotati di Accertamento di Equivalenza n. 9946.17-12-2020, in conformità ai requisiti previsti nel Cap. 11.1 delle NTC 2018.
Il tutto si completa con malte da intonaco strutturali a base di calce o cementizie di spessore minimo 3 cm. L’intervento permette di ottenere un miglioramento strutturale omogeneo e diffuso, con elevate caratteristiche meccaniche e di duttilità e con un incremento modesto di rigidezza della struttura. L’assenza di corrosione del rinforzo garantisce un’elevata durabilità ed efficacia del sistema nel tempo e consente di mantenere bassi spessori limitando l’incremento dei carichi complessivi. Il sistema è reversibile e migliora la resistenza a taglio, a compressione e a flessione della muratura.
AMBITO DI INTERVENTO
■ Miglioramento sismico su edifici storici anche vincolati
■ Interventi strutturali in ambito di bioedilizia
■ Cambiamento di destinazione d’uso
■ Consolidamento di strutture degradate
CARATTERISTICHE
■ Sistema certificato con elevata resistenza meccanica
■ Sostituisce la rete elettrosaldata
■ Sistema leggero e a basso spessore
■ Rinforzo omogeneo e diffuso
■ Collegamento trasversale di paramenti murari scarsamente ammorsati
■ Sistema con resistenza alla corrosione garantita e certificata
■ Sistema compatibile con malte cementizie e a calce coerentemente coi principi della conservazione
■ Sistema amagnetico, radiotrasparente e privo di conducibilità elettrica
■ Basso contributo in termini di aumento di massa e rigidezza
Intonaco armato CRM, come si applica e quali sono i vantaggi?
L’intonaco armato, denominato CRM, è realizzato mediante una rete preformata in composito (FRP) inserita in una malta ad uso strutturale e applicata sulla superficie dell’elemento strutturale in muratura da rinforzare. Le malte possono contenere eventuali additivi, fra cui microfibre polimeriche.
In questo sistema la rete in FRP è in grado di assorbire gli sforzi di trazione, mentre la malta strutturale contribuisce ad assorbire gli sforzi di compressione. Il trasferimento degli sforzi fra il supporto e la rete di rinforzo è garantito anche dalla presenza dei connettori, che assicurano la collaborazione strutturale fra l’elemento murario e l’intonaco armato.
Lo spessore dei sistemi di rinforzo CRM è compreso, di norma, tra 30 mm e 50 mm, al netto del livellamento del supporto.
Come sono fatti i sistemi di rinforzo?
I sistemi di rinforzo CRM sono tipicamente costituiti da:
– reti preformate, realizzate mediante impregnazione di fibre resistenti agli alcali, in vetro, carbonio, basalto o arammide in un’unica fase produttiva; le reti hanno la funzione di fornire un incremento della resistenza a trazione ed il confinamento degli elementi da rinforzare;
– angolari in rete preformati in fibra di vetro, carbonio, basalto o arammide, realizzati con i medesimi materiali e processo produttivo delle reti, con funzione di realizzare una continuità strutturale in corrispondenza degli angoli;
– elementi di connessione interamente o parzialmente preformati in fibra di vetro, carbonio, basalto o arammide, comunque resistenti agli alcali e realizzati con i medesimi materiali, con la funzione di garantire il collegamento dell’intonaco armato con l’elemento murario e con il rinforzo installato sulla faccia opposta di quest’ultimo, laddove previsto;
– malte a base cementizia o di calce a prestazione garantita per uso strutturale;
– ancoranti chimici per la solidarizzazione dei connettori tra loro o l’ancoraggio degli stessi nel supporto murario.
Per la descrizione delle caratteristiche tecniche delle armature in FRP del sistema e dei relativi metodi di prova, si deve far riferimento alle UNI-EN 13706-1-2-3, fatto salvo quanto appresso diversamente specificato.
I fabbricanti invece, per la vendita dei prodotti CRM dovranno seguire apposita procedura di qualificazione definita nelle ultime Linee guida approvate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
Caratteristiche prestazionali
Le caratteristiche prestazionali dei sistemi di rinforzo CRM e, in particolare, quelle meccaniche, possono essere fortemente condizionate dalle sollecitazioni termiche, anche in relazione alla presenza di componenti polimeriche all’interno della malta. In merito alla reazione al fuoco il prodotto verrà classificato come appartenente alla classe F, salvo diversa indicazione del fabbricante.
Casi di applicazione di intonaco CRM
Per la progettazione di interventi di rinforzo con intonaco armato ci viene in aiuto la circolare ministeriale applicativa delle NTC 2018 al capitolo 8.5.3. La logica da seguire per la progettazione degli interventi è basata sui risultati della precedente fase di valutazione, dovendo mirare prioritariamente a contrastare lo sviluppo di meccanismi locali e/o di meccanismi fragili e, quindi, a migliorare il comportamento globale della costruzione.
Il CRM è utilizzato per:
– il miglioramento e adeguamento sismico di edifici storici e vincolati;
– gli interventi strutturali a seguito di eventi sismici;
– gli interventi strutturali su edifici civili ed industriali;
– il consolidamento di strutture degradate.
Quali sono i vantaggi utilizzando la rete preformata in composito (FRP) ?
I vantaggi nella progettazione ed esecuzione dell’intervento di consolidamento mediante CRM sono:
– la riduzione di rigidezza rispetto all’utilizzo di rete elettrosaldata;
– l’aumento di massa (peso intervento ≈ 65 kg/m2) con conseguente irregolare distribuzione delle azioni;
– l’agilità nella movimentazione e applicazione delle reti in fibra;
– l’utilizzo di connettori trasversali;
– nessun fenomeno di corrosione.
Controlli durante i lavori
I controlli di accettazione in cantiere sono obbligatori e devono essere eseguiti a cura e sotto la responsabilità del Direttore dei Lvori e devono essere campionati nell’ambito di ciascun lotto di spedizione in riferimento al lotto di produzione e devono riguardare tutti i componenti del Sistema CRM oggetto di fornitura.
I campioni devono essere in numero di 3 per ognuno dei componenti dei sistemi di rinforzo da installare, tenendo anche conto dell’eventuale diversa natura delle fasi e delle eventuali diverse caratteristiche delle reti nelle due direzioni.
Inoltre è opportuno effettuare prove sulle malte da utilizzare in ragione di due provini per ogni lotto di spedizione per verificarne le caratteristiche dichiarate dal Fabbricante e richiamate nel Manuale di installazione.
I campioni devono essere inviati dal Direttore dei Lavori ad un Laboratorio accreditato.
I sistemi SRG invece, in cosa differiscono?
Negli SRG (Steel Reinforced Grout) a cambiare rispetto agli FRP sono entrambi gli elementi: le fibre, che diventano in acciaio INOX anticorrosione e la matrice di incollaggio, non più di tipo resinoso, ma inorganica. Una malta per intenderci. L'utilizzo dell'acciaio, resistente anche a taglio, apre nuovi sviluppi di progettazione rendendo possibile ancoraggio e pretensionatura, così da poter realizzare presidi strutturali che svolgono un ruolo attivo (non solo passivo), sin dall'applicazione. La malta inoltre fornisce maggiore resistenza alle alte temperature rispetto alle resine e in generale permette al supporto di traspirare meglio.
Sistemi FRGM e CRGM
In un contesto globale che ha come obiettivo la riqualificazione statica ed energetica, il ricorso a tecniche tradizionali di rinforzo presenta numerose limitazioni, quali ad esempio l’incremento della massa strutturale e la scarsa durabilità. Un tema di ricerca molto attuale riguarda l’impiego di una malta a base di geopolimeri che funge da matrice in un composito FRCM. I sistemi ottenuti prendono il nome di FRGM (Fabric Reinforced Geopolymer Mortar) e CRGM (Composite Reinforced Geopolymer Mortar). Rientrano nella nomenclatura SRG (Steel Reinforced Grout) e SRGG (Steel Reinforced Geopolymer Grout) i materiali compositi nei quali vengono utilizzate fibre di acciaio come rinforzo e rispettivamente delle malte tradizionali e innovative.
Analizzando il confronto tra i legami costitutivi e le proprietà meccaniche a trazione che li caratterizza, si può notare che i sistemi FRCM e FRGM presentano un legame costitutivo bilineare, gli SRG e SRGG invece viene assimilato ad una trilatera; inoltre, risultano confrontabili la resistenza a trazione e la deformazione ultima nei compositi con malta innovativa e tradizionale.
Esempi di applicazioni di tali sistemi con malta innovativa sono riguardanti il rinforzo sia di elementi verticali sia di quelli orizzontali, consentendo un incremento considerevole della resistenza a taglio e in termini di duttilità. Eseguendo un set-up di prova energetica, che consiste nel considerare una porzione di pannello murario in cui un lato viene continuamente riscaldato da lampade alogene e l’altro rimane freddo, si possono trarre considerazioni riguardanti le capacità termiche degli stessi pannelli. In linea generale tutti i sistemi applicati favoriscono una diminuzione della trasmittanza termica, ma in particolar modo quelli a base di malta geo-polimerica danno risultati più significativi. Comparandoli, gli FRCM sono responsabili di una riduzione dell’11% della trasmittanza termica, gli FRGM bensì del 46%.
Le malte geopolimeriche prima citate, si possono ottenere da numerose tipologie differenti di polveri reattive prodotte a partire da fonti naturali, sottoprodotti industriali o attivatori alcalini. Prendendo in esame questi ultimi, il loro contenuto e natura influiscono sulle proprietà meccaniche, durabilità e comportamento a ritiro delle malte prodotte. Se si utilizzano polveri reattive come metacaolino o cenere volante si rendono necessarie temperature miti e soluzioni alcaline attivanti molto forti.
I principali prodotti di reazione dell’attivazione alcalina sono il C-A-S-H (un gel di alluminosilicato di calcio idrato) e l’idrotalcite. Il primo influisce particolarmente sulla resistenza a compressione e a flessione della matrice ed è meno cristallino del C-S-H (prodotto del legante Portland in seguito alla sua idratazione).
Caratteristica che accomuna tutti i materiali attivati con alcali è il ritiro a cui sono soggetti. È un aspetto molto rilevante, in quanto il ritiro generato dalla perdita di umidità ed essiccazione comporta fessurazioni, da cui ne consegue perdita di durabilità e funzionalità. Una soluzione è rappresentata dall’aggiunta di CaO che in percentuali modeste rispetto al peso delle polveri reattive può aiutare a compensare il ritiro delle malte attivate con alcali.
Tipologie di prove sperimentali
Prove per la caratterizzazione meccanica dei materiali compositi
Noti tutti i vantaggi derivanti dall’impiego dei sistemi FRCM, recentemente sono state fornite fondamentali informazioni derivanti da studi di ricerca sulla risposta a trazione, sulla durabilità e sulle prestazioni di adesione sia su muratura che su calcestruzzo. Le diverse applicazioni dei sistemi FRCM insieme al gran numero di malte e rinforzi disponibili conducono ad un’ampia variabilità in termini di comportamento meccanico. È dunque necessaria una procedura per caratterizzare i compositi FRCM, in grado di fornire parametri fondamentali per la progettazione del rinforzo e una qualificazione del composito nel suo complesso e non singolarmente dei suoi componenti.
Una procedura per la qualificazione degli FRCM combina i risultati delle prove dirette di trazione e prove di adesione, identificando il carico di rottura, la resistenza e le prestazioni di legame.
Prove di trazione diretta
Le prove di trazione diretta forniscono parametri fondamentali come il modulo di elasticità e la resistenza a trazione del composito. Possono essere determinanti per il confinamento di colonne, pilastri o nodi strutturali, nelle quali è possibile che si verifichi una rottura a trazione del rinforzo.
Queste prove vengono eseguite su provini di geometria prismatica, con uno spessore di 1 cm e di una larghezza corrispondente a un multiplo della distanza tra i fasci delle fibre. Per evitare lo scorrimento nelle sezioni di presa
dovuto allo sforzo normale applicato, i campioni sono bloccati nei cunei di serraggio del macchinario. Per proteggere la malta dallo schiacciamento e avere una distribuzione omogenea delle sollecitazioni si possono applicare degli ulteriori rinforzi.
I risultati ottenuti possono considerarsi come una relazione tra la sollecitazione media e deformazione media, la prima riferita all’area della sezione trasversale, la seconda può essere stabilita dallo spostamento globale misurato tra i cunei di serraggio oppure usando estensimetri o trasduttori sulla matrice.
Un aspetto molto importante da considerare è che tali risultati possono differire non sono per via delle caratteristiche dei materiali componenti, ma bensì dai set up di prova. Non essendoci dei parametri che li standardizzino, ne sono stati sviluppati diversi in letteratura. I principali set-up si differenziano per:
- metodo di applicazione del carico;
- geometria dei provini;
- strumenti per misurare spostamenti e deformazioni.
Metodo di applicazione del carico
I principali metodi di applicazione del carico sono due. Il primo, denominato rigid load application, consiste nel fissare alle estremità del provino delle piastre metalliche, con il quale è possibile il trasferimento del carico tra il dispositivo di ancoraggio e il provino mediante lo sviluppo di tensioni di adesione e taglio. Il dispositivo di trasferimento in particolare deve essere più rigido del provino per evitare fessurazioni della matrice nella zona di ancoraggio.
Nel secondo (soft clamping), applicando forze di compressione all’estremità del composito si sviluppano delle forze di attrito che permettono il trasferimento di carico. L’irregolarità della superficie della malta può condurre a concentrazioni di tensioni, per ovviare tutto questo si possono predisporre lastre di alluminio, in gomma o FRP, in modo il carico applicato è per attrito.
Geometria dei provini
Le diverse forme geometriche in cui possiamo trovare i provini sono essenzialmente tre come riportato in letteratura. I più semplici da realizzare e i più utilizzati sono i provini rettangolari con sezione trasversale piana e costante. Meno diffusi sono quelli a sezione non costante e sagomata, nei quali rientrano provini con un allargamento nel piano di rinforzo, e altri dove è presente un incremento delle sezioni di estremità in direzione trasversale, nella quale è consentito l’inserimento di piastre metalliche perforate permettendo il trasferimento del carico al provino.
Risposta dei compositi FRCM
La risposta dei provini FRCM sottoposti a prova di trazione viene caratterizzata in tre stadi:
- stadio I, non fessurato;
- stadio II, sviluppo della fessura;
- stadio III, fessurazione.
Le proprietà meccaniche della malta e del tessuto e il trasferimento delle sollecitazioni tra le fasi determina il comportamento nei primi due stadi. Sono parametri che possono influire sulla durabilità del sistema e sull’ampiezza e propagazione delle fessurazioni. Proprio quest’ultime definiscono infatti la fine e l’inizio dello stadio successivo. Nello stadio I o anche detta fase I abbiamo il provino integro e la sua risposta alle sollecitazioni è lineare. La comparsa della prima cricca identifica convenzionalmente il passaggio allo stadio 2. Una volta stabilizzato il numero di fessure si ha l’inizio della fase 3, caratterizzato da un incremento di rigidità e una risposta non lineare con conseguente allargamento delle fessure esistenti.
Prove di adesione
Determinare le proprietà di adesione dei materiali compositi fibrorinforzati è uno degli aspetti fondamentali. È proprio l’adesione tra il rinforzo e la matrice che consente un’opportuna e omogenea dissipazione delle tensioni in atto, inoltre una sua perdita comporta a fenomeni di crisi e di delaminazione interlaminare. Le diverse modalità di crisi in realtà cambiano in base al tipo di compositi in esame.
Per quanto riguarda gli FRP possiamo suddividere, secondo il CNR-DT 200 R1 2013, le modalità di crisi in quattro tipologie:
- distacco di estremità;
- distacco dovuto a fessure per flessione;
- distacco dovuto a fessure diagonali da taglio;
- distacco per la superficie irregolare del calcestruzzo.
L’aspetto che accomuna tutte è la relazione linearmente proporzionale alla resistenza a trazione del supporto.
Negli FRCM l’adesione tra le fasi rappresenta un fenomeno più complesso in cui fattori intrinseci sono per esempio la densità delle fibre, la compatibilità chimica e proprietà meccaniche dei materiali componenti.
Nelle prove di adesione di tali provini possono verificarsi sei differenti tipologie di crisi:
- rottura a trazione della fibra esterna alla matrice;
- rottura a trazione della fibra interna alla matrice e fessurazioni nello strato esterno della matrice;
- perdita di adesione con crisi nel supporto;
- perdita di adesione nell’interfaccia substrato-matrice;
- perdita di adesione all’interfaccia matrice-fibra;
- scorrimento della fibra interno alla matrice.
Generalmente le modalità più frequenti riguardano proprio lo scorrimento della fibra nella matrice.
Da provini sottoposti a test: nelle prove di flessione, nelle prove di compressione, nelle prove di pull-off si devono raggiungere i requisiti richiesti nella normativa EN 1015-12 relativa all’aderenza al supporto delle malte, che fissa un valore minimo ≥ 1 MPa, e nelle prove di trazione dall’analisi dei risultati si nota un evidente incremento delle prestazioni nei provini con fibre di basalto rispetto a quelli in cui sono presenti le fibre di vetro.
Come conseguenza alle migliori proprietà fisico-meccaniche si evince che tali fibre possono considerarsi un’ottima alternativa in ambito di rinforzo strutturale alle fibre di vetro e arammidiche.
Confinamento di colonne murarie e in calcestruzzo mediante sistemi compositi FRP e FRCM
Nell’ambito di questo articolo, vengono confrontate due delle principali tecniche di rinforzo strutturale attualmente impiegate nel settore della riabilitazione strutturale: i sistemi FRP e FRCM con riferimento al confinamento di colonne per l’incremento della loro resistenza e duttilità locale.
La prima tecnica, ovvero il confinamento mediante sistemi FRP, viene eseguita disponendo delle fibre di rinforzo in direzione perpendicolare all’asse longitudinale della colonna, garantendo l’adesione al substrato mediante utilizzo di una matrice organica come, ad esempio, la resina epossidica. In questo modo viene generato un confinamento passivo nell’elemento strutturale rinforzato, ossia un confinamento che si attiva quando il nucleo del materiale inizia a dilatarsi a causa dell’applicazione di carichi esterni come conseguenza dell’effetto Poisson e della sua fessurazione.
La seconda tecnica trattata, ovvero il confinamento mediante sistemi FRCM, consiste invece nell’applicazione di reti di fibre di rinforzo adese al substrato mediante l’impiego di matrici inorganiche, come malta di calce o malta cementizia. I sistemi FRCM presentano numerosi vantaggi rispetto ai sistemi FRP quali, ad esempio, la resistenza al fuoco, una buona compatibilità chimico-fisica con il substrato, un impatto ridotto in termini di dimensioni, rigidezza e peso, e possibilità di reversibilità dell’intervento.
Vengono analizzate le principali caratteristiche di tali tecniche di rinforzo, attraverso la disamina dei risultati di prove sperimentali su provini di calcestruzzo e muratura disponibili nella letteratura scientifica sul tema. Vengono inoltre indagati i modelli di letteratura e le espressioni normative maggiormente accreditati per la previsione della resistenza a compressione e della deformazione ultima di colonne in calcestruzzo e in muratura confinate e caricate assialmente. Al fine di confrontare le due tecniche di rinforzo, viene sviluppata un’analisi parametrica valutando l’influenza dei principali fattori che governano l’efficacia del confinamento: rigidezza delle fibre, numero degli strati di rinforzo, rapporto volumetrico delle fibre, pressione laterale di confinamento efficace, resistenza del materiale non confinato, proprietà meccaniche delle matrici di rinforzo.
I risultati ottenuti dall’analisi parametrica, consentono infine di formulare alcune osservazioni progettuali relative alla scelta della migliore strategia di intervento da adottare a seconda del livello di confinamento che è necessario conseguire nell’ambito del progetto di riabilitazione strutturale.
PROBLEMATICHE STRUTTURALI DI COLONNE CALCESTRUZZO E IN MURATURA.
Negli ultimi decenni, si è assistito alla crescente necessità di ricorrere a riparazioni e rinforzi di edifici esistenti, per via dello stato di avanzamento dei fenomeni di invecchiamento o per problemi legati ad un design obsoleto delle costruzioni, le quali non riescono più a garantire livelli adeguati di prestazioni meccaniche alla luce delle prescrizioni di sicurezza più attuali. L’esperienza relativa ai terremoti del passato verificatisi in Italia, ha portato ancora di più alla luce l’importanza di tali problematiche, avendo provocato nel patrimonio costruito esistente gravi crolli e danni irreversibili che hanno rappresentato un forte rischio per la vita e per la sicurezza delle strutture.
Per le colonne in calcestruzzo e in muratura, i deficit meccanici possono influenzare l’efficienza prestazionale e la durata nel tempo dell’intera struttura.
Le modalità di crisi relative alle colonne in calcestruzzo armato, sono dovute principalmente a:
- basso valore di resistenza dei materiali;
- scarsa rigidezza dei nodi che non vanno a trasferire in modo adeguato le sollecitazioni convergenti (Figura 1);
- carenza di un’adeguata armatura trasversale (numero e/o passo delle staffe);
- duttilità della sezione e dell’intera struttura limitata.
Per elementi realizzati in muratura, invece le principali modalità di crisi, più ricorrenti possono essere:
- Rottura per schiacciamento;
- Meccanismi di Modo 1, dove le forze sismiche agiscono in direzione ortogonale rispetto al piano medio della parete;
- Meccanismi di Modo 2, dove le forze sismiche agiscono in direzione ortogonale rispetto al piano medio della parete;
Questi deficit strutturali, comportano un livello di resistenza e di duttilità inadeguati per i compiti da adempiere. Tale aspetto, risulta essere ancora più gravoso nella casistica di un edificio esistente realizzato mediante una progettazione remota, dove l’aspetto sismico non veniva considerato. Chiaro esempio di ciò, risulta essere il dimensionamento dei pilastri che prevedeva l’applicazione delle sole sollecitazioni assiali derivanti dai carichi presenti nell’area di influenza e del peso proprio delle tamponature che andavano a gravare su travi collegate, a loro volta, sui pilastri. Questo metodo risultava essere troppo semplificativo e a sfavore di sicurezza, in quanto non venivano chiamate in causa le azioni flessionali e di taglio trasmesse dai solai e dalle travi ai pilastri stessi.
Conseguenza di tale progettazione, risulta essere il sottodimensionamento delle armature dei pilastri, dove i ferri sono troppo distanziati dalle estremità delle travi e facendo ricadere il taglio su staffe non conformi al soddisfacimento di tale compito in quanto erano dimensionate con criteri minimi. Ulteriore elemento sfavorevole, risultava essere una sottovalutazione del comportamento post-elastico, comportando l’innesco di fenomeni di instabilizzazione da parte delle barre longitudinali e, quindi, di meccanismi fragili.
Con l’emanazione degli aggiornamenti delle normative tecniche per le costruzioni, si ha una ricerca di nuove tecniche di rafforzamento dei vari elementi strutturali mediante un loro incremento in termini di resistenza e di duttilità.
Nell’ambito del rinforzo strutturale di pilastri e colonne in generale, trattato in modo esclusivo nella seguente tesi, l’intervento di confinamento laterale va a precludere un possibile spanciamento degli elementi verticali comportando, così, l’aumento delle caratteristiche meccaniche citate in precedenza.
Grazie alla disponibilità di teorie e formulazioni per la verifica ed il progetto di interventi di rinforzo, è possibile valutare diverse strategie per il miglioramento delle prestazioni meccaniche di edifici esistenti con particolare riferimento all’incremento della capacità portante e della duttilità locale di colonne caricate assialmente con azioni centrate rispetto al loro asse.
Nell’ambito della seguente tesi, si descrivono le tecniche di rinforzo che hanno riscontrato più popolarità negli ultimi decenni, che vedono l’adozione di sistemi compositi, ossia:
- Rinforzo tramite l’uso di sistemi FRP;
- Rinforzo tramite l’uso di sistemi FRCM.
Tali tecniche verranno anche brevemente confrontate con i metodi di confinamento più tradizionali consistenti nell’incamiciatura metallica delle colonne, che però risultano estremamente invasivi e tecnologicamente molto onerosi, tanto da avere ormai lasciato il passo ai più innovativi materiali compositi che verranno analizzati in dettaglio.
Per riuscire a compensare le carenze strutturali da parte delle diverse opere realizzate con indicazioni progettuali più remote, sono state adottate diverse tecniche che vedono prima la presa in considerazione di elementi in carpenteria metallica (come piastre, angolari e calastrelli) e poi dei materiali compositi (FRP e FRCM).
Quest’ultima macrofamiglia, ha riscosso un enorme successo e popolarità nel campo edilizio, con i sistemi FRP e FRCM quali risultano essere quelli più conosciuti ed utilizzati.
Gli FRP, Fiber Reinforced Polymers, fanno parte della famiglia dei compositi e risultano essere costituiti da una matrice polimerica di natura organica, nella quale viene annegato un rinforzo di tipo fibroso con ottimo comportamento meccanico. La scelta di tale elemento, risulta essere in funzione delle condizioni ambientali alle quali sarà esposto il rinforzo e della sua tipologia di applicazione.
Le fibre, presentando un’ottima resistenza a trazione, vanno ad assorbire l’aliquota maggiore in caso di applicazione di sollecitazione di trazione o di flessione, mentre la matrice ha il solo compito di riuscire a distribuire al meglio le sollecitazioni tra le diverse fibre. La resina ha la funzione di protezione delle fibre dall'usura e di garantire l’allineamento delle diverse di esse. I materiali FRP hanno comportamento perfettamente elastico lineare fino alla rottura.
Parlando dei sistemi FRCM, Fabric Reinforced Cementitious Matrices, consiste invece nell’applicazione di reti di fibre di rinforzo adese al substrato mediante l’impiego di matrici inorganiche, come malta di calce o malta cementizia. I sistemi FRCM presentano numerosi vantaggi rispetto ai sistemi FRP quali, ad esempio, la resistenza al fuoco, una buona compatibilità chimico-fisica con il substrato, un impatto ridotto in termini di dimensioni, rigidezza e peso, e possibilità di reversibilità dell’intervento. Tali compositi vengono denominati anche TRC (Textile Reinforced Concrete), TRM (Textile Reinforced Mortars) o anche IMG (Inorganic Matrix-Grid composites).
INCAMICIATURA PER COLONNE IN CEMENTO ARMATO Il rinforzo di elementi in cemento armato, quale vede l’uso di elementi in carpenteria metallica, fu sviluppato negli anni ‘60 in Svizzera e Germania. Questa tecnica di rinforzo viene principalmente applicata a pilastri per raggiungere i seguenti obiettivi:
- Incremento della resistenza a taglio;
- Incremento della capacità deformativa e quindi di duttilità;
- Miglioramento dell’efficienza delle giunzioni per sovrapposizione;
- Incremento della capacità portante.
Tale tecnica vede la presa in considerazione di elementi angolari in carpenteria metallica, quali tendono ad essere incollati sull’elemento strutturale tramite delle resine epossidiche. Tali possono essere commercializzate sottoforma di piastre, profilati o elementi realizzati ad hoc.
Questa tipologia di rinforzo, viene considerata “passiva”, cioè che tale entra in funzione quando l’elemento ini calcestruzzo armato tende a spanciare come conseguenza di applicazioni di carichi addizionali che non sono stati previsti nella fase di progettazione. Inoltre, tali elementi vengono posizionati in corrispondenza delle fibre tese, in modo da incrementare la resistenza flessionale dell’elemento.
Un problema pratico nelle applicazioni di tale metodologia, risulta essere il loro peso elevato e la limitazione della lunghezza delle singole piastre per garantire semplicità nella loro manipolazione.
L’installazione degli angolari sul pilastro esistente, può avvenire_
- mediante diretta applicazione degli stessi sull’elemento strutturale
(la faccia del pilastro è a diretto contatto con l’elemento di rinforzo metallico)
-oppure in maniera indiretta, dove si registra l’interposizione di uno strato di malta tra il rinforzo e l’elemento da rinforzare
INCAMICIATURA PER COLONNE IN MURATURA
ll rinforzo per gli edifici storici in muratura, rappresenta un problema che si può e si deve risolvere con delle tecniche quali non vanno a snaturare l’edificio dai suoi aspetti caratterizzanti. Ciò ha comportato la necessità di individuare metodi in grado di fornire incrementi significativi alla sicurezza dell’edificio, senza comportare alcuna variazione tipo di estetico ed architettonico della struttura.
La tecnica della cerchiatura, ad esempio, vede la circoscrizione degli elementi strutturali tramite elementi in carpenteria metallica, quali riescono a limitare lo spanciamento del pilastro e garantire un suo miglior comportamento globale
Le cerchiature, quali vedono l’uso di fasce in acciaio, vengono considerati come rinforzi attivi, in quanto si va ad applicare un’azione di confinamento mediante azione di bulloni o, più anticamente, tramite dei cunei, previo riscaldamento del cerchio.
Una variante di tale tipologia di rinforzo, è stata applicata nel 2005 nell’ex Monastero di San Michele a Lonate Pozzolo. Qui, si presenta esclusivamente una fascia metallica, senza però la presenza dei vari elementi di serraggio comportando un risultato estetico migliore. Tale versione della tecnica di rinforzo, vede l’installazione di due semi-anelli quali vengono saldati e resi attivi una volta che viene iniettata della malta espansiva nell’intercapedine tra il rinforzo e la colonna.
Alcuni progettisti, hanno eseguito la cerchiatura di colonne in mattoni faccia a vista con un metodo che fa uso di bandelle esterne in acciaio di limitato spessore e di facile installazione.
Tale tecnica, però, non permettere la presenza di mattoni a vista, e quindi si necessita dell’applicazione di uno strato aggiuntivo di intonaco quale consente anche una protezione degli elementi da possibili sbalzi termici.
Infine, è bene ricordare un’ulteriore tecnica di cerchiatura, ossia quella “interna”, quale prevede l’installazione di barre (in acciaio, titanio, fibra di vetro, ecc.) inghisate alla colonna mediante presenza di perforazioni diametrali.
L’impatto visivo di questo intervento, denominato cuciture armate, è particolarmente ridotto.
Infine, nel 2009, si è fatta largo una nuova tecnica di cerchiatura quale vede l’uso di cavi circonferenziali di piccolo spessore inseriti nei giunti di malta.
CONFINAMENTO DI PILASTRI IN CEMENTO ARMATO CON SISTEMI FRP L’impiego degli FRP, è stato, tra tutte le tecnologie adottate, quella di maggior successo.
Difatti, tale viene usata nelle zone ad alto rischio sismico in quanto tende ad impartire un incremento di duttilità per effetto del confinamento delle colonne in calcestruzzo.
La scelta dei costituenti del materiale composito in FRP, vanno a basarsi sui requisiti di resistenza, rigidezza e durabilità richiesti per ciascuna applicazione.
Il tipo di resina da impiegare, risulta essere in funzione delle caratteristiche ambientali alle quali sarà esposto il rinforzo una volta applicato. Tali sistemi vedono, per applicazioni esterne, due possibili soluzioni operative: utilizzo di sistemi impregnati in situ oppure i sistemi preformati.
I sistemi impregnati in situ, possono presentare dei tessuti di fibre unidirezionali o multi direzionali che sono annegate in situ per mezzo di resina saturante.
Per la fase di incollaggio di tali sistemi sul substrato dell’elemento strutturale da rinforzare, sono usati degli adesivi, del primer e il putty,
Il primer, ha la funzione di impregnare la superficie di calcestruzzo, con lo scopo di fornire una maggiore aderenza della resina saturante o dell’adesivo. Il putty, invece, ha la funzione di colmare i piccoli vuoti presenti sulla superficie del substrato, al fine di ottenere una superficie liscia su cui incollare l’FRP.
Per quanto riguarda il discorso della matrice, le fibre costituiscono la componente a cui è delegato il compito di portare i carichi in un sistema composito in FRP. Le fibre sono spesso pre-assemblate in varie forme per facilitare il confezionamento del materiale composito.
Per facilitarne l’utilizzo, tali sono fornite in varie forme: filamenti, cavi di filatura, filati e fili assemblati. Generalmente le tipologie più usate per la realizzazione dei materiali compositi, sono le seguenti categorie:
- Fibre di vetro (GFRP);
- Fibre polimeriche;
- Fibre di carbonio.
Negli ultimi decenni, l’utilizzo degli FRP ha raggiunto una popolarità sempre più crescente legata alle loro caratteristiche:
- alto rapporto resistenza/peso;
- resistenza alla corrosione;
- facilità e velocità di applicazione;
- minimo cambiamento della dimensione della sezione trasversale;
- possibilità di installazione senza interruzione delle funzioni della struttura.
Per questi motivi, gli FRP sono stati ampiamente impiegati per il rinforzo delle strutture in cemento armato, specialmente in quelle zone con gradi di sismicità elevati.
Infatti, nel confinamento di colonne in calcestruzzo armato, si registra un’importazione di incremento di resistenza e di duttilità. Questo incremento di duttilità va incontro al fabbisogno di dissipare energia da parte della struttura conferendone, così, un comportamento plastico. Possibili effetti negativi nella loro applicazione, sono legati all’ esposizione di tali nei confronti degli agenti atmosferici, ai raggi ultravioletti, ai cicli termici ed all’umidità.
CONFINAMENTO DI PILASTRI IN MURATURA CON SISTEMI FRP
La muratura nel corso dei decenni, è stata usata sottoforma di differenti forme e configurazioni. Con la crescita della volontà di proteggere le strutture in muratura dagli effetti dannosi causati dagli eventi sismici, ha portato a promuovere l’uso di con materiali compositi FRP.
Tale tecnica, risulta essere un metodo molto efficace e usato anche nel rinforzo strutturale di elementi in muratura quali tendono ad essere soggetti a compressione assiale e momento flettente. La sua efficacia risulta essere dipendente dall’aumento di capacità resistente dell’elemento, una volta rinforzato, nei confronti delle sollecitazioni esterne a patto di una piccola entità di incremento in termini di peso. Oltre tale aspetto, va anche sottolineato che tale metodologia non apporta nessuna enorme variazione della rigidezza dell’elemento e quindi nemmeno della distribuzione delle sollecitazioni interne.
L’uso di sistemi FRP, vede la necessità dell’installazione del rinforzo a diretto contatto con la faccia esterna dell’elemento strutturale, in modo da poter garantire una maggiore efficacia durante la sua esecuzione. Inoltre, tale viene vista come tecnica passiva, in quanto entra in azione quando l’elemento confinato inizia a dilatarsi lateralmente per via di applicazione di carichi addizionali non previsti nella fase di progettazione dell’elemento.
Il confinamento di colonne mediante sistemi FRP, consente di incrementare la resistenza e la duttilità dell’elemento confinato. L’incremento di duttilità, va ad indurre la possibilità all’elemento, e all’intera struttura, di assumere un comportamento di tipo plastico in quanto si verifica dissipazione di energia.
La tipologia di resina scelta, risulta essere legata alle condizioni ambientali alle quali tale sarà esposta una volta entrata in funzione. Questi sistemi, nelle applicazioni esterne, presentano due soluzioni applicative: sistemi impregnati in situ e sistemi preformati. I sistemi impregnati in situ, sono costituiti da tessuti di fibre unidirezionali o multi direzionali annegate in situ per mezzo di resina saturante. I sistemi preformati, invece, sono dei prodotti composti quali sono assemblati in fabbrica.
Per quanto riguarda il discorso relativo alla matrice, tale ha la funzione di ridistribuzione delle diverse sollecitazioni, in maniera omogena, nelle fibre disposte all’interno del rinforzo.
Le fibre, al fine di facilitare il loro utilizzo, sono fornite in varie forme: filamenti, cavi di filatura, filati e fili assemblati. Generalmente le tipologie più usate, per la realizzazione dei materiali compositi, sono le seguenti categorie:
- Fibre di vetro (GFRP);
- Fibre polimeriche;
- Fibre di carbonio.
CONFINAMENTO DI PILASTRI IN CEMENTO ARMATO CON SISTEMI FRCM
Tra i più recenti materiali e tecniche innovative per la conservazione e rafforzamento delle colonne in cemento armato, spicca la tecnica che vede l’uso di sistemi compositi FRCM (Fibre rinforzate con matrice cementizia). Tale tipologia di sistema, presenta materiale fibro-rinforzato dove la resina epossidica, caratterizzante sistemi FRP, viene sostituita da una matrice cementizia inorganica
Nonostante i sistemi FRCM presentino solitamente fibre di vetro, aramidico o fibre di carbonio, recentemente ha preso piede la soluzione che vede l’inserimento delle fibre di PBO, ossia la fibra poliparafenilene benzobisossazolo. Tale è una fibra polimerica sintetica, quale presenta una struttura molecolare che è in grado di stabilire legami chimici con i composti idrati in uno speciale legante inorganico mediante una reazione idraulica che contribuisce a migliorare le proprietà meccaniche del sistema e ad essere applicabile su qualsiasi tipo di superficie e condizione di essa.
In effetti, i sistemi FRCM risultano presentare una buona compatibilità con qualunque tipologia di superficie sulla quale essi dovranno essere applicati e anche una buona capacità nel rinforzare senza compromettere la traspirabilità della struttura. Questo problema, invece, tendeva ad enunciarsi con la soluzione che vede l’uso di FRP quale, dopo la sua applicazione, riportava situazione ottima in termini statici ma pessima dal punto di vista termico. Questa differenza, è dovuta all’ utilizzo della matrice di natura inorganica.
Altre migliorie, rispetto ai sistemi FRP, risultano essere:
- Classe elevata di resistenza al fuoco (Classe A1) contro Classe E della soluzione FRP;
- Uso in qualsiasi tipologia di situazione termica senza pericolo di perdita di aderenza da parte del rinforzo;
- Facilità nella posa su superfici di qualunque natura e condizione, tra cui anche quelle umide.
In effetti, gli FRCM sono preferiti ai sistemi FRP quando si opera in ambienti ad alta temperatura o quando il substrato dell'elemento da rinforzare si trova in un ambiente ad alta umidità.
I sistemi FRCM, come rinforzo esterno, si sono dimostrati molto efficaci nonostante la presenza di problematiche circa l'aderenza sviluppata all'interfaccia tra tessuto e malta, quale non risulta così elevata come nel caso di sistemi a base organica (FRP). Infatti, a causa della viscosità della malta e granularità, la penetrazione della malta all'interno del fascio di fibre (filato) non è garantito.
CONFINAMENTO DI PILASTRI IN MURATURA CON SISTEMI FRCM
L’utilizzo di sistemi compositi FRCM, trova impiego negli elementi murari, col fine di riuscire a contrastare il fenomeno dello spanciamento dovuto all’applicazione di carichi gravitazionali aggiuntivi. Tale fenomeno risulta essere più accentuato, negli elementi snelli. Pertanto, si richiede un immediato intervento di rinforzo per evitare collassi di tipo fragile.
Possibili cause, che possono indurre alla necessità di confinare un pilastro, possono essere problemi di degrado delle malte e dei mattoni, dove vi è la presenza di componenti quali non dispongono di una resistenza a compressione non soddisfacente rispetto ai livelli minimi di sicurezza e nei confronti dei carichi che vanno a gravare su di essi. Altra possibile ragione, risulta essere la variazione dell’entità di carico derivanti dal cambio della destinazione e possibili azioni sismiche. Tali fenomeni vanno a comportare un avanzamento di degrado dell’elemento pilastro. Il confinamento di un pilastro in muratura può essere raggiunto anche con la tecnica che vede l’applicazione dei nuovi sistemi FRCM, che offrono il vantaggio di presentare un rinforzo a basso spessore (massimo 15 mm di malta come matrice di adesione della rete) senza irrigidire ulteriormente il pilastro, risultando efficaci nel contenere la dilatazione orizzontale, aumentare la duttilità dell’elemento e la capacità portante.
E’ indicato, al fine di avere una maggiore efficacia, che la lunghezza di sovrapposizione della rete deve essere pari almeno ad un quarto della circonferenza, se sezione circolare, o del perimetro, se forma squadrata e comunque non inferiore a 300 mm.
Bisogna prestare attenzione nella realizzazione del processo di confinamento di elementi pilastro che risultano presentare un rapporto tra i due lati maggiore di 2. Infatti, le precedenti avvertenze per il confinamento possono presentare un basso livello prestazionale per tale caso.
La tecnica che vede l’utilizzo dei sistemi FRCM, si distingue da quella con i sistemi FRP, perché risulta presentare un rinforzo strutturale che tende ad essere meno localizzato e molto più esteso sull’elemento da confinare. Inoltre, si registra una migliore resistenza al fuoco, una buona compatibilità chimico-fisica con il substrato, un impatto ridotto in termini di dimensioni, rigidezza e peso, e possibilità di reversibilità dell’intervento.
CONCLUSIONI
L'esempio ha avuto per oggetto il confinamento di colonne murarie e in calcestruzzo realizzato mediante l’impiego di materiali compositi di tipo FRP e FRCM. L’obiettivo principale è stato quello di fornire informazioni di carattere progettuale riferite al tema del rinforzo e consolidamento strutturale delle costruzioni esistenti, con particolare riferimento alle colonne in muratura e in calcestruzzo caricate assialmente con azioni centrate rispetto all’asse. Tale tematica è molto attuale in quanto il presente periodo storico-edilizio è caratterizzato dalla ricerca di nuove metodologie di rinforzo per rendere le strutture esistenti conformi alle normative tecniche.
A tale scopo, sono state valutate le principali caratteristiche delle due tecniche di rinforzo citate attraverso l’analisi di lavori sperimentali disponibili nella letteratura scientifica sul tema, riguardanti prove di carico assiali di colonne murarie e in calcestruzzo rinforzate con FRP e FRCM. Inoltre, sono stati confrontati i modelli analitici e le normative tecniche che forniscono formule di previsione della resistenza e della duttilità degli elementi confinati, individuando quelli che offrono le previsioni più accurate in base al confronto tra dati teorici e sperimentali. Infine, è stata effettuata un’analisi parametrica in cui si è determinato il grado di influenza della variazione di singoli parametri cardine tra cui la rigidezza delle fibre, il numero degli strati di rinforzo, il rapporto volumetrico delle fibre, la pressione laterale di confinamento efficace, la resistenza del materiale non confinato e le proprietà meccaniche delle matrici di rinforzo.
Per consentire la comparazione prestazione tra le due tipologie di rinforzo e tra le risposte dei due materiali costituenti le colonne esaminate, un’operazione fondamentale risulta essere la scelta del modello più accurato, nella valutazione della resistenza cilindrica e della deformazione ultima del provino confinato, per ognuna delle 4 casistiche di confinamento trattate.
Per il confinamento mediante i sistemi FRP, i modelli più accurati risultano essere quello di Spoelstra and Monti (1999) per le colonne in calcestruzzo e la Circolare CNR DT200-R1 (2013) per quelle in muratura.
Per la trattazione di colonne rinforzate mediante sistemi FRCM, si ha la Circolare CNR DT215-R1 (2018) per colonne in calcestruzzo e la Normativa ACI 549-6R (2020) per quelle in muratura.
Grazie ai risultati ottenuti dall’analisi parametrica, è stato possibile effettuare alcune osservazioni relative alla scelta della migliore strategia di intervento da adottare a seconda del livello di confinamento che è necessario conseguire nell’ambito del progetto di riabilitazione strutturale e a seconda del materiale che necessita di essere rinforzato, ovvero la colonna muraria o la colonna in calcestruzzo.
Per le colonne realizzate in calcestruzzo, al variare della rigidezza del rinforzo, il sistema FRP fornisce incrementi di resistenza maggiori rispetto a quelli ottenuti con l’applicazione di FRCM. Ciò avviene in maniera significativa già a partire da valori di 𝐸𝑓 pari a 18 GPa, raggiungendo un massimo discostamento tra i risultati delle resistenze confinate, pari al 44%, in corrispondenza di una rigidezza dei rinforzi pari a 270 GPa.
Un risultato simile si ottiene anche al variare del numero di strati di rinforzo applicati: i sistemi FRP restituiscono una resistenza confinata maggiore rispetto a quella ottenuta mediante FRCM, raggiungendo un picco di circa 3 volte in corrispondenza dell’inserimento teorico di 5 strati di rinforzo.
Facendo variare il rapporto volumetrico delle fibre, il miglioramento prestazionale più significativo si consegue mediante l’applicazione di FRP, che, con un valore di 𝜌𝑓 pari al 15%, fornisce un incremento di resistenza di 4 volte superiore a quella del campione non confinato.
Al variare della pressione efficace di confinamento, si nota che le due tipologie di rinforzo restituiscono delle resistenze molto simili fino ad un’entità di 𝑓𝑙,𝑒𝑓𝑓 pari al 75% della resistenza a compressione iniziale del provino. Per valori maggiori di 𝑓𝑙,𝑒𝑓𝑓, invece, il confinamento tramite FRP fornisce una crescita prestazionale del campione che risulta essere molto limitata. Al contrario, l’applicazione del FRCM, restituisce un’ulteriore crescita del rapporto tra resistenza confinata e non confinata con un valore medio di accrescimento pari a 3,6 volte per pressione laterale uguale a 𝑓𝑐0 , e con un valore di circa 5 volte quando 𝑓𝑙,𝑒𝑓𝑓 è pari a 2 𝑓𝑐0.
Infine, al variare della resistenza cilindrica dei campioni non confinati, si nota che i due sistemi di rinforzo risultano essere maggiormente performanti nei provini di scarsa resistenza. Inoltre, all’aumentare della resistenza iniziale in una colonna realizzata in calcestruzzo, il confinamento mediante FRP tende a fornire degli incrementi di resistenza più alti rispetto a quelli forniti dal sistema FRCM e, inoltre, entrambi i confinamenti tendono ad essere sempre meno efficaci all’aumentare della resistenza iniziale del materiale.
Nella trattazione delle colonne in muratura, gli FRP e gli FRCM vanno a fornire dei miglioramenti prestazionali del materiale che risultano essere molto prossimi con la presenza di una rigidezza delle fibre fino a 18 GPa. Per valori maggiori, invece, il sistema FRP risulta essere più efficace, come visto precedentemente nel caso del calcestruzzo ma con un minore distacco tra le due tecniche di rinforzo, pari al 30% nel caso di 𝐸𝑓 pari a 270 GPa.
Testando la muratura con un differente numero di strati di rinforzo applicati, si nota che i sistemi FRP risultano essere più performanti rispetto ai sistemi FRCM fino all’applicazione di 3 strati. Interessante notare però che, all’aumentare di 𝑛𝑓, il discostamento dei risultati tende a ridursi, fino all’applicazione di 4 strati dove le resistenze risultano essere molto prossime. Immaginando, invece, l’inserimento teorico di 5 strati di rinforzo, i sistemi FRCM risultano essere più prestazionali. Con il confinamento tramite FRP, si ha un incremento medio pari a 1,70 volte, mentre con gli FRCM si registra una crescita media pari a 1,60 volte. Questo fa concludere che, in funzione del numero di strati di rinforzo applicati, il modello più performante può variare: fino a 3 strati risulta essere l’applicazione di sistemi FRP, per 4 entrambi forniscono stesse prestazioni, mentre per 5 strati il sistema che fornisce maggiore resistenza all’elemento in muratura è quello in FRCM.
Invece, valutando la risposta meccanica del materiale per differenti valori del rapporto volumetrico di fibra, si nota che l’applicazione di FRCM, fornisce degli incrementi di resistenza limitati rispetto all’altro sistema. Gli FRP, fornisco dei valori nettamente più elevati, con uno scarto che diventa sempre più evidente all’aumentare della 𝜌𝑓.
Applicando sui provini una pressione efficace di confinamento crescente, si nota che l’applicazione di FRP tende a fornire una resistenza a compressione confinata più alta rispetto a quella fornita dall’inserimento di FRCM.
Infine al variare della resistenza iniziale non confinata delle colonne in muratura, si evidenzia il fatto che le due tipologie di rinforzo forniscono incrementi di resistenza sempre più ridotti all’aumentare di 𝑓𝑚0. Interessante notare che i sistemi FRP vanno a restituire degli incrementi quasi raddoppiati rispetto a quelli forniti dall’altro rinforzo.
Per fissata tipologia di confinamento, è possibile infine presentare alcune osservazioni di sintesi sulle prestazioni esibite da colonne in muratura o in calcestruzzo rinforzate.
Il confinamento tramite FRP, garantisce alle due tipologie di colonne dei miglioramenti prestazionali molto simili, per applicazione di rinforzi con rigidezza fino a 90 GPa, mentre per rigidezze maggiori, sono le colonne in calcestruzzo a beneficiare maggiormente degli effetti del rinforzo.
Generalmente, si osserva che, qualunque sia il numero di rinforzo (compresi tra 0-5), le colonne in calcestruzzo conseguono incrementi di resistenza superiori. Tuttavia, con l’applicazione di un solo strato di rinforzo, il sistema FRP, fornisce un miglioramento confrontabile per entrambi i materiali. Invece, all’applicazione di due o più strati, i valori medi di incremento risultano essere pari a 2,28 volte per le colonne in calcestruzzo e 1,70 volte per le colonne in muratura.
Sia colonne in calcestruzzo che quelle in muratura risentono di benefici sufficientemente confrontabile all’aumentare del rapporto volumetrico delle fibre ma con la precisazione che all’aumentare di 𝜌𝑓,lo scarto tende ad accentuarsi fino a raggiungere un valore costante, di circa il 30%, in corrispondenza di 𝜌𝑓 pari a 0,8%.
Al variare della pressione efficace di confinamento laterale, invece, si registra una crescita non lineare della resistenza de campioni confinati molto simile sia nel calcestruzzo che nella muratura, con valori leggermente inferiori nel secondo caso. Mediamente, infatti, per variazioni della pressione laterale di confinamento compressi tra 0 e 2,25 volte la resistenza non confinata del materiale, si registrano valori medi di incremento di resistenza confinata di 3,21 volte per le colonne in calcestruzzo e 2,73 volte per le colonne in muratura.
Infine, per un confinamento mediante FRP su provini con differente resistenza iniziale, si nota una risposta completamente differente da parte delle due tipologie di colonne. Infatti le colonne in calcestruzzo, all’aumentare di 𝑓𝑐0, presentano incrementi di resistenza che si abbattono sempre di più; invece, sulle colonne in muratura, dopo un iniziale abbattimento dei valori, si registra un successivo trend costante che fornisce incrementi di resistenza di circa 2 volte rispetto alle resistenze delle colonne non confinate.
Esaminando infine, il caso di confinamento mediante FRCM, si possono trarre le seguenti conclusioni di sintesi.
La variazione della rigidezza delle fibre influenza molto poco il livello di incremento di resistenza quando il sistema di rinforzo è applicato ad una colonna in calcestruzzo o in muratura.
L’efficacia di incremento è invece più sensibile alla variazione del numero di strato di rinforzo, mostrando che, con un numero di strati superiore a 3, si ha una netta differenza a favore delle colonne murarie. I valori medi di incremento risultano essere pertanto abbastanza differenti, ossia 1,34 volte per le colonne in calcestruzzo e 1,60 volte per le colonne in muratura.
Considerando, invece, un confinamento con valori crescenti di rapporto volumetrico delle fibre, si nota che muratura e calcestruzzo presentano valori medi pari a 1,10 volte per le colonne in calcestruzzo e 1,29 volte per le colonne in muratura. Quindi, all’aumentare del rapporto volumetrico delle fibre, la colonna realizzata in muratura beneficia maggiormente degli effetti del confinamento.
Considerando invece una pressione efficace di confinamento variabile, si osserva che i valori di incremento della resistenza conseguibili nelle due tipologie di colonna tendono ad essere distanti, con uno scarto crescente con l’incremento della pressione di confinamento. Si osserva infatti che i valori medi di incremento della resistenza cilindrica sono pari a 3,62 volte per le colonne in calcestruzzo e 1,32 volte per le colonne in muratura.
Infine, considerando diversi valori di resistenza dei campioni non confinati, si nota, che all’aumentare di 𝑓𝑐0 𝑜 𝑓𝑚0, entrambi i tipi di colonna presentano dei valori di incremento di resistenza che si abbattano fino a raggiungere dei valori costanti poco distanti dall’unità quando 𝑓𝑐0=𝑓𝑚0=25 𝑀𝑃𝑎. Inoltre, le colonne in muratura presentano un incremento iniziale di resistenza inferiore rispetto alle colonne in calcestruzzo di analoga resistenza in assenza di confinamento.
F.R.C. (Fiber Reinforced Concrete)
I calcestruzzi FRC sono materiali compositi costituiti da una matrice cementizia (calcestruzzo o malta) additivata con fibre corte in acciaio o sintetiche. A queste potranno poi aggiungersi, a seconda dell’elemento strutturale oggetto di intervento, armature ordinarie o da precompressione.
L’aggiunta di fibre disperse in una matrice di tipo cementizio ne modifica le proprietà meccaniche.
L’obiettivo delle fibre è quello di contrastare l’apertura progressiva delle fessure conferendo al calcestruzzo, dopo la fessurazione, una significativa resistenza residua a trazione (tenacità del calcestruzzo FRC).
La resistenza a trazione residua, quindi anche l’energia specifica necessaria a rompere a trazione il conglomerato o per giungere a valori di apertura delle fessure predeterminati, dipende da molteplici fattori quali:
- rapporto di aspetto della fibra;
- percentuale di volume delle fibre rispetto al volume totale del composito;
- caratteristiche fisico-meccaniche delle fibre;
- caratteristiche fisico-meccaniche della matrice cementizia.
Le fibre sono pertanto in grado di manifestare il loro contributo conferendo al composito una resistenza post-fessurativa, assente nella matrice senza fibre, grazie allo sviluppo di una fessurazione diffusa all’interno della matrice.
Gli FRC vengono così classificati:
- a normali prestazioni, per resistenze a compressione sino a C45/55;
- ad alte prestazioni, con resistenze a compressione sino a C70/85;
- ad alta resistenza, con resistenze a compressione superiori a C70/85 e sino a C90/105;
- nel caso di classi di resistenza a compressione superiori al C90/105, le prestazioni degli UHPC non sono ancora state prese in considerazione dal contesto normativo attuale.
Calcestruzzi appartenenti alle classi di resistenza sopra riportate e caratterizzati da una quantità di fibre strutturali superiori allo 0,3% in volume potranno essere classificati come segue:
- FRC (Fiber Reinforced Concrete);
- HPFRC (High Performance Fiber Reinforced Concrete);
- UHPFRC (Ultra High – Performance Fiber Reinforced Concrete).
Il calcestruzzo fibrorinforzato è una delle novità più interessanti introdotte dal D.M. 17/01/2018, il quale assegna finalmente a questo materiale lo status di “materiale da costruzione” da impiegare in usi strutturali.
FRC: cosa stabiliscono le NTC 2018
Il D.M. 17/01/2018 introduce il materiale FRC al Par. 11.2.12. CALCESTRUZZO FIBRORINFORZATO (FRC): ‘’Il calcestruzzo fibrorinforzato (FRC) è caratterizzato dalla presenza di fibre discontinue nella matrice cementizia; tali fibre possono essere realizzate in acciaio o in materiale polimerico, e devono essere marcate CE in accordo alle norme europee armonizzate, quali la UNI EN 14889-1 ed UNI EN 14889-2 per le fibre realizzate in acciaio o materiale polimerico. La miscela di calcestruzzo fibrorinforzato deve essere sottoposta a valutazione preliminare secondo le indicazioni riportate nel precedente § 11.2.3 con determinazione dei valori di resistenza a trazione residua fR1k per lo Stato Limite di Esercizio e fR3k per lo Stato Limite Ultimo determinati secondo le UNI EN 14651:2007. Per la qualificazione del calcestruzzo fibrorinforzato e la progettazione delle strutture in FRC si dovrà fare esclusivo riferimento a specifiche disposizioni emanate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.’’
Nella sostanza, come sempre accade con l’uscita delle nuove norme tecniche, queste non forniscono indicazioni complete ed esaustive: da una parte introducono il FRC come materiale da costruzione, ma dall’altra parte non ne consentono l’utilizzo immediato, rimandando a non specificate disposizioni emanate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
Tuttavia, anche se il passaggio normativo risulta ancora nebuloso, alcune informazioni certe ci sono: le fibre per uso strutturale devono essere realizzate in acciaio o in materiale polimerico e devono essere marcate CE. Questo aspetto è molto importante in quanto stabiliscono un contorno ben definito rispetto alla varietà di fibre presenti sul mercato.
Inoltre stabiliscono che la miscela di calcestruzzo fibrorinforzato deve essere sottoposta a valutazione preliminare, con determinazione dei valori di resistenza a trazione residua determinati secondo le UNI EN 14651:2007, ovvero mediante prove di flessione a tre punti su travetti intagliati, con controllo dell’apertura della fessura, come mostrato nella figura seguente:
Figura 1 – Modalità di prova secondo la Norma UNI EN 14651:2007.
La prova a flessione a tre punti fornisce come output dei diagrammi Forza-Deformazione CMOD dai quali è possibile ricavare i valori di resistenza a trazione residua fR1k per lo Stato Limite di Esercizio e fR3k per lo Stato Limite Ultimo:
Diagramma Forza-CMOD determinato secondo la Norma UNI EN 14651:2007
A questo punto, secondo un determinato set di provini, sarà possibile ricavare i valori caratteristici di fR1 e fR3 per la miscela di FRC e determinarne la classe di resistenza.
Nel dettaglio, come anticipato al paragrafo precedente, il valore di fR1k fornirà il numero della classe di appartenenza:
1.0, 1.5, 2.0, 2.5, 3.0, 4.0, 5.0, 6.0, 7.0, 8.0, … [MPa]
mentre il rapporto fR3k/ fR1k fornirà la lettera della classe di appartenenza, secondo i seguenti intervalli di valori:
a per 0.5 fR3k/fR1k
b per 0.7 ≤ fR3k/fR1k
c per 0.9 ≤ fR3k/fR1k
d per 1.1 ≤ fR3k/fR1k
e per 1.3 ≤ fR3k/fR1k
A titolo esemplificativo un FRC di classe 3.0c presenta una resistenza caratteristica fR1k compresa tra l’intervallo 3.0 e 4.0 MPa e un rapporto fR3k/fR1k compreso tra l’intervallo 0.9 e 1.1, indice di un comportamento plastico.
Una prima osservazione su quanto sopra esposto è che non sono ammessi per uso strutturale FRC con rapporto fR3k/fR1k fR1k tipici pari a 2.0/3.0 MPa, i valori di fR3k non potranno essere inferiori a 1.0/1.5 MPa.
FRC: cosa "precisa" la Circolare
L’uscita della Circolare n.7 del 21/01/2019 “Istruzioni per l’applicazione dell’Aggiornamento delle Norme tecniche per le costruzioni” di cui al decreto ministeriale 17 gennaio 2018” introduce altre importanti novità, citando al par. C11.2.12:
"Le NTC definiscono il calcestruzzo FRC come “caratterizzato dalla presenza di fibre discontinue nella matrice cementizia” e stabiliscono che sia per la sua qualificazione che per la progettazione delle strutture in FRC, si dovrà fare esclusivo riferimento a specifiche disposizioni del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, rese attraverso apposite Linee Guida.
Al riguardo occorre precisare che secondo le dizioni comunemente adottate nel settore della tecnologia delle costruzioni, un calcestruzzo fibrorinforzato ad uso strutturale, per essere definito tale, deve essere caratterizzato da un dosaggio minimo delle fibre al suo interno. Le norme CNR-DT 204/2006 “Istruzioni per la progettazione, l’esecuzione ed il controllo di strutture di calcestruzzo fibrorinforzato”, indicano che “per impieghi strutturali deve essere garantito un dosaggio minimo di fibre” e quantificano tale dosaggio come “non inferiore allo 0.3% in volume”.
Pertanto, a meno di specifiche indicazioni eventualmente riportate nelle sopracitate Linee Guida, per quantitativi inferiori a tale dosaggio, allo stato un calcestruzzo che preveda l’utilizzo di fibre non può essere definito, ai fini strutturali, come “fibrorinforzato” e quindi il suo impiego, non vincolato dalle procedure autorizzative di cui al citato p.to 11.2.12, può fare riferimento alle prescrizioni per il calcestruzzo normale, contenute nei pertinenti Capitoli delle NTC.
Ne consegue, in termini pratici, che la presenza di un quantitativo di fibre al di sotto della soglia sopra indicata, può essere considerata nei normali calcestruzzi quale semplice ausilio per il miglioramento del comportamento del calcestruzzo in particolari situazioni, quali ad esempio le fasi di scassero, con lo scopo di tenere sotto controllo microfessurazioni e di minimizzare l’effetto di cavillature in punti sensibili del manufatto, quali spigoli e zone d’angolo, non facilmente raggiungibili dall’armatura ordinaria.
Naturalmente, l’impiego delle fibre comporta comunque l’obbligo del rispetto della vigente normativa del settore, ed in presenza di norme armonizzate il possesso della marcatura CE.
Inoltre, in sintonia con quanto previsto dal p.to 11.2.3 delle NTC, occorre che anche tali calcestruzzi non definibili strutturalmente quali fibrorinforzati, siano oggetto di prove preliminari di studio, non solo al fine di ottenere le prestazioni richieste dal progetto, ma anche, data comunque la specificità del materiale impiegato, di verificare la piena compatibilità delle fibre con il particolare utilizzo previsto.
A tale fine, si ritiene anche necessaria l’implementazione di un sistema permanente di controllo della produzione opportunamente calibrato, attraverso un processo industrializzato dotato di idonei impianti, nonché di strutture e tecniche opportunamente organizzate, al fine di assicurare il mantenimento di un adeguato livello di affidabilità nella produzione del calcestruzzo e nella conformità del prodotto finito.”
Quindi anche la circolare, che doveva essere “esplicativa”, crea ancora più confusione ed incertezza sull’utilizzo di questo materiale. Chiarisce il fatto che le “specifiche disposizioni” del CSLP altro non sono che Linee Guida Ministeriali e questa almeno è una certezza. L’incertezza è quando saranno pronte.
Poi in seguito introduce in modo assolutamente improprio la possibilità di utilizzo del FRC non vincolato da procedure autorizzative qualora il dosaggio fibre sia inferiore dello 0,3% in volume, rimandando ad una Norma del 2006, quindi piuttosto obsoleta, trascurando il fatto che sul mercato nel frattempo sono state introdotte fibre ad alte prestazioni che, se dosate con tali percentuali in volume, portano ad un comportamento addirittura incrudente del calcestruzzo.
Se da una parte le più avanzate normative internazionali sono anni che cercano di traghettare la filosofia del calcestruzzo fibrorinforzato da un approccio “a dosaggio” delle fibre, ad un approccio secondo delle “performance classes”, la normativa nazionale, come al solito, non riesce a liberarsi del proprio approccio prescrittivo.
Ciò che dice la norma, infatti, è che nella matrice cementizia devono essere presenti fibre di acciaio o di materiale polimerico marchiate CE, ma per la qualificazione e per la progettazione delle strutture in FRC rimanda a specifiche disposizioni emanate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
Inoltre stabilisce che la miscela di calcestruzzo fibro-rinforzato deve essere sottoposta a valutazione preliminare, con determinazione dei valori di resistenza a trazione residua mediante prove di flessione in accordo con la norma UNI EN 14651:2007.
Ciò rende ancora una volta il materiale di difficile uso strutturale da parte dei produttori in quanto i costi da sostenere per dimostrare la validità del materiale ad ogni utilizzo sono eccessivamente elevati.
Il calcestruzzo fibrorinforzato è un materiale composito – appartiene alla famiglia dei calcestruzzi speciali – costituito dacalcestruzzo ordinario e elementi fibrosi.
Le componenti principali di un calcestruzzo fibrorinforzato sono:
- matrice costituita da calcestruzzo ordinario
- elementi fibrosi discontinui dispersi nella matrice
L’aggiunta di fibre in forma dispersa in un conglomerato cementizio ne modifica le proprietà meccaniche e fisiche e, in particolare, migliora il comportamento a trazione contrastando l’apertura progressiva delle fessure.
Nei cementi fibrorinforzati le fibre esercitano sul calcestruzzo una vera e propria azione di cucitura, in grado di limitare notevolmente la formazione di fessure.
In particolare, una volta raggiunta la fessurazione del conglomerato, le fibre sono in grado di manifestare il proprio contributo, conferendo al composito una buona resistenza post-fessurazione, assente nella matrice senza fibre.
La presenza delle fibre conferisce dunque al calcestruzzo dopo la fessurazione:
- significativa resistenza residua a trazione
- buone caratteristiche di tenacità e durabilità
- buona resistenza all’urto (resilienza), alla fatica all’abrasione.
NTC 2018 e nuovi documenti tecnici su FRC
Le nuove norme tecniche per le costruzioni, NTC 2018, approvate con dm 17 gennaio 2018, al §11.2.12, includono il calcestruzzo fibrorinforzato tra i materiali per la realizzazione di elementi strutturali.
Dopo più di 50 anni di ricerche in tutto il mondo, il calcestruzzo fibrorinforzato trova spazio nelle norme tecniche sia italianeche internazionali, incluso microcodice 2 nella sua nuova edizione in fase di preparazione.
Le NTC 2018, prevedono che le fibre siano marcate CE in accordo alle norme europee armonizzate, quali la UNI EN14889‐1 ed UNI EN 14889‐2 per le fibre realizzate in acciaio o materiale polimerico.
La miscela del calcestruzzo fibrorinforzato deve essere sottoposta a valutazione preliminare secondo le indicazioniriportate nel § 11.2.3, con determinazione dei valori di resistenza a trazione residua fR1k per lo Stato limite di esercizio efR3k per lo Stato limite Ultimo determinati secondo UNI EN 14651:2007.
Intanto, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sta preparando 2 documenti fondamentali per l’FRC:
1. linee guida per la qualificazione del materiale, necessario per l’ottenimento del Certificato di Idoneità Tecnica (CIT) perprodurre l’FRC
2. linee guida per la progettazione degli elementi strutturali in FRC, documento rivolto ai progettisti
Caratteristiche e utilizzi del calcestruzzo fibrorinforzato
La presenza di fibre nel calcestruzzo può ridurre la propagazione delle fessurazioni dovute al ritiro igrometrico grazie all’azione di cucitura. Per tale motivo i calcestruzzi fibrorinforzati (con fibre in acciaio o di tipo polimerico) sono frequentemente utilizzati per la realizzazione di pavimentazioni industriali (in questo caso le fibre si sostituiscono alle reti elettrosaldate nel contrastare la propagazione delle fessure).
Il calcestruzzo fibrorinforzato presenta una matrice cementizia, costituita da cemento, acqua, aggregati, fibre ed eventuali additivi; i diversi componenti devono essere opportunamente combinati per ottenere le proprietà allo stato fresco e le caratteristiche meccaniche allo stato indurito richieste dalla committenza.
Conseguentemente, per ottenere un calcestruzzo fibrorinforzato a prestazioni garantite, non basta semplicemente aggiungere delle fibre ad una matrice di calcestruzzo, ma la miscela del composito deve essere opportunamente progettata.
Relativamente alle fibre, esse risultano caratterizzate, oltre che dal tipo di materiale, da parametri geometrici quali: - la lunghezza della fibra (lf), ossia la distanza tra le estremità della fibra misurata in accordo con le norme di riferimento specifiche – la lunghezza in sviluppo della fibra (ld) è la lunghezza della linea d’asse della fibra - il diametro equivalente (df), ossia il diametro di un cerchio con area uguale all’area media della sezione trasversale della fibra
- il rapporto d’aspetto, definito come quoziente tra la lunghezza e il diametro equivalente della fibra
- la forma (fibre lisce, uncinate, ecc.).
Vantaggi e svantaggi del calcestruzzo fibrorinforzato
I principali vantaggi derivanti dall’utilizzo di fibre sono sia costruttivi che strutturali: basti pensare all’eliminazione (o alla notevole riduzione) dei tempi di posa in opera dell’armatura, con conseguente riduzione dei costi della manodopera e dei tempi di controllo della direzione lavori, al miglioramento del comportamento fessurativo (con il conseguente aumento della durabilità dell’opera).
Il vantaggio principale offerto dalle fibre è quello di migliorare la duttilità del conglomerato
nella fase successiva all’innesco del fenomeno fessurativo.
Infatti, essendo l’allungamento a rottura di tutte le fibre circa 2-3 ordini di grandezza superiori alla deformazione a rottura della matrice cementizia, la crisi del conglomerato avviene molto prima che si possa verificare la rottura delle fibre.
Pertanto le fibre riducono il comportamento fragile della matrice cementizia.
Raggiunta la deformazione di prima fessurazione, il calcestruzzo fibrorinforzato ha un comportamento elasto-plastico (comportamento duttile) nella fase postfessurata, cioè è in grado di sopportare carichi anche dopo l’insorgere delle primefessurazioni.
Altri pregi del calcestruzzo fibrorinforzato rispetto a quello convenzionale sono:
- maggiore resistenza alla fatica
- maggiore resistenza agli urti
- maggiore resistenza allo stress termico
- maggiore resistenza all’abrasione.
Tra gli svantaggi dei calcestruzzi fibrorinforzati si segnala solo la minore lavorabilità dell’impasto: l’aggiunta di fibre, infatti, comporta una riduzione della lavorabilità dell’impasto cementizio. Tali difficoltà possono essere comunque risolte agevolmente: per garantire al calcestruzzo un’adeguata lavorabilità si aggiungono all’impasto additivi super-fluidificanti.
Tipologie di calcestruzzo fibroriforzato
Esistono diverse tipologie di calcestruzzo fibrorinforzato, classificabili in funzione delle fibre utilizzate.
Alla fine degli anni ’40 fecero la loro comparsa negli Stati Uniti le fibre di acciaio; successivamente, negli anni ’60,apparirono le fibre di vetro e poi quelle organiche provenienti da trattamenti di sintesi.
Recentemente sono state utilizzate nella produzione del calcestruzzo anche fibre di ghisa, di ottone, poliolefiniche, etc.; adoggi, tuttavia, si preferisce ricorrere principalmente alle fibre di acciaio, di vetro, in polipropilene e in polacrilonitrile.
In linea generale possiamo trovare le seguenti fibre rinforzanti:
- fibre di acciaio
- fibre di vetro e fibre di natura organica
Le fibre di acciaio, sono disponibili in forma di aghi di diversa conformazione geometrica: a sezione circolare o rettangolare, ad estremità piegate, dentate, ecc. con diametro equivalente compreso fra 0.4 e 1.2 mm e lunghezza variabile tra 25 e 80 mm. Esse, a seconda delle prestazioni da conseguire, vengono aggiunte in misura variabile da 25 fino a 150 kg/m³ di calcestruzzo.
Le principali applicazioni dei calcestruzzi rinforzati con fibre di acciaio riguardano:
- la realizzazione di pavimentazioni industriali in calcestruzzo dove le fibre vengono convenientemente impiegate in sostituzione della tradizionale armatura in forma di rete elettrosaldata;
- la realizzazione di conci prefabbricati per i rivestimenti definitivi delle gallerie; - per i rivestimenti sia provvisori che definitivi realizzati con calcestruzzi spruzzati.
Le fibre di vetro e quelle di natura organica (prevalentemente poliacrilonitrile, poliestere e polipropilene) attualmenteimpiegate si distinguono in:
- fibre non metalliche strutturali, di lunghezza variabile tra 20 e 60 mm e diametro equivalente di 0.8-1.3 mm aggiunte in quantità comprese fra 2.5 e 6.0 Kg/m³ per la produzione di conglomerati destinati alle stesse applicazioni di quelli prodotti con le fibre di acciaio;
- fibre non metalliche non strutturali, di lunghezza variabile da 10 a 30 mm e diametro di 0.01-0.02 mm aggiunte in misura di 0.8-1.2 kg/m³ per la realizzazione di calcestruzzi destinati prevalentemente a solette e pavimenti di piccolo spessore per attenuare il rischio fessurativo derivante dal ritiro plastico del conglomerato.
- in materiale polimerico : in questo caso il calcestruzzo fibrorinforzato viene definito SNFRC (Synthetic FiberReinforced Concrete). Tali fibre hanno una bassa resistenza al fuoco, ai raggi ultravioletti e all’ossigeno. Si suddividono in:
a basso modulo elastico: non accrescono la resistenza a trazione del materiale però migliorano la tenacità esono utili a contrastare il fenomeno fessurativo della matrice cementizia. Tra le più utilizzate ci sono:
le fibre polipropileniche non strutturali;
le fibre polietileniche;
le fibre di poliestere;
le fibre di nylon.
ad alto modulo elastico: rispetto alle precedenti garantiscono anche un aumento della resistenza a trazione delcalcestruzzo. Tra le più utilizzate ci sono
le fibre polipropileniche strutturali;
le fibre di PVA (polivinilalcol)
le fibre di carbonio
le fibre acriliche (le fibre poliacrilonitriliche)
le fibre aramidiche
https://biblus.acca.it/focus/calcestruzzo-fibrorinforzato-frc/ 8/14
le fibre acriliche (le fibre poliacrilonitriliche)
le fibre aramidiche
- in materiali naturali: in questo caso si parla di NFRC (Natural Fiber Reinforced Concrete). Questi tipi di fibre sono poco utilizzate poiché devono subire diversi trattamenti prima di essere impiegate.
Le fibre possono avere diverse forme, oltre a quella semplicemente rettilinea, infatti esistono fibre ondulate, uncinate,nervate, ad estremità schiacciate, ecc.
Commercialmente le fibre si presentano sotto forma di:
- monofilamento: ogni fibra si presenta separata dalle altre;
- bundles: le fibre si presentano in gruppi. Le fibre bundles dette placchettate, durante la miscelazione con la matricecementizia si separano tra di loro e diventano monofilamenti.
Le fibre inoltre si distinguono in base alle loro dimensioni in:
- microfibre: sono idonee a contrastare le piccole fessure come quelle che si formano a seguito dell’azione del ritiroplastico;
- macrofibre: sono idonee a contrastare le fessure dovute ai carichi esterni e al ritiro igrometrico. Alcune macrofibrepossono aumentare la resistenza a trazione e la tenacità del calcestruzzo.
Prove su calcestruzzi fibrorinforzati
Le proprietà del calcestruzzo fibrorinforzato si valutano, in accordo alla norma UNI EN 14651, sottoponendo i travetti intagliati ad una prova di flessione a tre punti rilevando i carichi applicati e la corrispondente apertura dell’intaglio praticato nella mezzeria della trave.
Analizzando la curva “forza-apertura dell’intaglio” si osserva che il ramo crescente nel tratto che precede la fessurazione del conglomerato è sostanzialmente identico a quello del calcestruzzo ordinario: l’aggiunta delle fibre non modifica le proprietà del calcestruzzo prima della fessurazione. L’andamento della curva, invece, nella fase post-fessurativa dei calcestruzzi fibrorinforzati varia rispetto ad un normale calcestruzzo e dipende dalla natura della fibra, dalla sua conformazione geometrica, dal rapporto di forma o di aspetto (rapporto tra la lunghezza della fibra e il suo diametro equivalente), dal dosaggio di fibre nell’impasto.
In particolare, rispetto al calcestruzzo ordinario, che evidenzia un comportamento fragile in quanto dopo la comparsa della fessurazione volge immediatamente al collasso, il calcestruzzo fibrorinforzato è capace di sopportare ancora livelli di carico più o meno elevati a seconda del tipo, del dosaggio della conformazione della fibra. L’aggiunta di fibre alla matrice consente di incrementare la duttilità del calcestruzzo e di far si che essa abbia capacità resistenti anche dopo la fessurazione.
Sebbene, il reale andamento della curva nella fase post-fessurativa dipenda, come sopra evidenziato, da una serie di fattori a volte tra loro strettamente collegati da non poterlo generalizzare, tuttavia, si possono riportare alcune considerazioni derivanti dall’introduzione delle fibre nell’impasto sul legame costitutivo del materiale.
Comportamento strutturale degli elementi in calcestruzzo fibrorinforzato
Come abbiamo già visto, l’aggiunta di fibre disperse in una matrice cementizia ne modifica le proprietà meccaniche:migliora il comportamento a trazione contrastando l’apertura progressiva delle fessure. Una volta raggiunta la fessurazione della matrice, le fibre sono in grado di manifestare il proprio contributo, conferendo al composito una resistenza post-fessurazione assente nella matrice senza fibre.
Il comportamento degradante, tipico di una prova di trazione monoassiale sul calcestruzzo, può essere modificato in modo significativo dall’aggiunta di fibre, al crescere della percentuale volumetrica di esse. Per piccole percentuali volumetriche di fibre – circa 0.2-2% –, il legame carico-spostamento a trazione di un FRC presenta ancora un ramo discendente (comportamento degradante), ma è caratterizzato da una resistenza residua e da una maggiore tenacità (V.figura successiva – fonte CNR-DT 204/2006).
Per percentuali volumetriche di fibre superiori (circa 2-8%), il comportamento può diventare incrudente, grazie alla comparsa di una multi-fessurazione (V. figura successiva – fonte CNR-DT 204/2006).
La presenza di fibre, pertanto aumenta la tenacità (capacità del calcestruzzo di resistere all’avanzamento delle fessure) del calcestruzzo: previene la propagazione delle fessure, che si generano nel calcestruzzo a causa dell’insorgere di tensioni di trazione (dovute al ritiro e/o ai carichi esterni) che, già a bassi livelli di intensità, superano la resistenza a trazione del conglomerato, determinando la frattura della matrice cementizia.
A dosaggi di fibre piuttosto elevati (indicativamente per volumi di fibre superiori al 2%) le fibre migliorano sensibilmente anche la resistenza del calcestruzzo a:
- flessione;
- trazione pura;
- taglio.
Le fibre non apportano nessun vantaggio significativo in termini di resistenza a compressione del calcestruzzo e non sono in grado di influenzare apprezzabilmente il modulo elastico a compressione.
Grazie all’effetto di cucitura, la fibra garantisce al calcestruzzo una resistenza residua a trazione anche nella fase post fessurata poiché questa consente il trasferimento degli sforzi di trazione da un lembo all’altro della lesione; questo fenomeno viene spesso indicato in letteratura come tension-softening.
Inoltre, l’aggiunta di fibre comporta un sostanziale miglioramento dell’aderenza tra calcestruzzo e barre circostanti (tensionstiffening).
Linee guida Calcestruzzo rinforzato
Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha pubblicato il decreto n. 208 del 9 aprile 2019 con cui sono state approvate le linee guida per l’identificazione, la qualificazione, la certificazione di valutazione tecnica ed il controllo dei calcestruzzi fibrorinforzati FRC.
Le linee guida sui calcestruzzi FRC sono così strutturate:
1. SCOPO E CAMPO DI APPLICAZIONE
2. CARATTERISTICHE DEL COMPOSITO E DEI RELATIVI COMPONENTI
3. QUALIFICAZIONE INIZIALE DELLA PRODUZIONE IN STABILIMENTO E CONTROLLO PERMANENTE DELLAPRODUZIONE
4. PROCEDURA DI QUALIFICAZIONE
5. PROCEDURE DI ACCETTAZIONE IN CANTIERE
6. RIFERIMENTI NORMATIVI
ALLEGATI
Determinazione dei valori caratteristici (in accordo con la EN 1990)
- Prova di trazione diretta (CNR DT 204)
- Prova a lungo termine sul filo per fibra polimerica
- Prove per la resistenza ai cicli di gelo e disgelo
- Prove di comportamento in ambienti con temperature elevate (per le fibre sintetiche)
- Prove per la resistenza alle alte temperature.
Calcestruzzi fibrorinforzati (FRC) e procedure da seguire: dall’individuazione delle caratteristiche prestazionali per la qualificazione, all’accettazione in cantiere
Le Norme Tecniche per le Costruzioni prevedono che tutti i materiali ed i prodotti da costruzione, qualora impiegati per uso strutturale, debbano essere identificati ed in possesso di specifica qualificazione, nonché essere oggetto di controlli in fase di accettazione da parte del direttore dei lavori.
Nel caso in cui materiali e prodotti da costruzione per uso strutturale non siano marcati CE ai sensi del Regolamento UE n.305/2011 o non siano provvisti di ETA (European Technical Assessment) ai sensi dell’art. 26 del Regolamento (UE) n. 305/2011, dovranno essere in possesso di un Certificato di Valutazione Tecnica, CVT, rilasciato dal Servizio Tecnico Centrale sulla base di apposite linee guida approvate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (CSLP).
Calcestruzzo fibrorinforzato, FRC
Le NTC 2018 (al capitolo 11.2.12) includono il calcestruzzo fibrorinforzato, (Fiber Reinforced Concrete), tra i materiali per la realizzazione di elementi strutturali.
I calcestruzzi fibrorinforzati (FRC) sono costituiti da una matrice cementizia additivata con fibre corte discontinue, cui può aggiungersi armatura ordinaria o da precompressione; l’aggiunta delle fibre conferisce al calcestruzzo, dopo la fessurazione, una significativa resistenza residua a trazione (tenacità). Per maggiori approfondimenti rimandiamo allo speciale di BibLus-net “Calcestruzzo fibrorinforzato (FRC), tutto quello che occorre sapere“.
Come indicato nella Circolare esplicativa delle Norme tecniche, secondo le dizioni comunemente adottate nel settore della tecnologia delle costruzioni, un calcestruzzo fibrorinforzato ad uso strutturale per essere definito tale, oltre a determinati requisiti minimi prestazionali, deve essere caratterizzato da un dosaggio minimo delle fibre al suo interno; le norme CNR-DT 204/2006 – Istruzioni per la progettazione, l’esecuzione ed il controllo di strutture di calcestruzzo fibrorinforzato, quantificano tale dosaggio come non inferiore allo 0.3% in volume.
I calcestruzzi fibrorinforzati FRC devono essere preparati nello stabilimento del fabbricante e forniti in cantiere come prodotto pronto per l’impiego oppure come prodotto secco premiscelato al quale va aggiunta l’acqua in cantiere.
Linee Guida CSLP
Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (CSLP), dopo l’emanazione delle linee guida sugli FRP (Fiber Reinforced Polymer) e delle linee guida sugli FRCM, ha pubblicato il decreto n. 208/2019 con il quale sono state approvate le:
Linee Guida per l’identificazione, la qualificazione, la certificazione di valutazione tecnica ed il controllo dei calcestruzzi fibrorinforzati
Lo scopo è quello di migliorare la qualità e la sicurezza strutturale delle opere e delle infrastrutture, sia pubbliche che private, nonché l’affidabilità dei materiali e dei relativi sistemi costruttivi.
Contenuti
Le linee guida del CSLP forniscono le procedure per l’identificazione, la qualificazione ed il controllo di calcestruzzi fibrorinforzati impiegati per la realizzazione di nuovi elementi strutturali e per il consolidamento di strutture esistenti.
Ecco i contenuti: - scopo e campo di applicazione
- caratteristiche del composito e dei relativi componenti qualificazione iniziale della produzione in stabilimento e controllo permanente della produzione
- procedura di qualificazione
- procedure di accettazione in cantiere.
Chiudono il documento
Allegato 1
- Determinazione dei valori caratteristici (in accordo con la EN 1990)
- Prova di trazione diretta (CNR DT 204)
- Prova a lungo termine sul filo per fibra polimerica
- Prove per la resistenza ai cicli di gelo e disgelo
- Prove di comportamento in ambienti con temperature elevate (per le fibre sintetiche)
- Prove per la resistenza alle alte temperature
Allegato 2
Procedure di accettazione in cantiere
Vediamo, nel dettaglio, in cosa consistono le procedure di accettazione in cantiere dei calcestruzzi fibrorinforzati.
In fase di accettazione il direttore dei lavori deve: - verificare che ciascuna miscela omogenea sia coperta da CVT in corso di validità, di cui una copia deve essere presente in cantiere
- eseguire i controlli di accettazione
- rifiutare, prima della messa in opera, le eventuali forniture non conformi, fermo restando le responsabilità del fabbricante
Ai fini della rintracciabilità dei prodotti, l’esecutore dei lavori deve inoltre assicurare la conservazione di tutta la documentazione, unitamente a marchiature o etichette di riconoscimento ed alle eventuali annotazioni trasmesse dal direttore dei lavori, fino al completamento delle operazioni di collaudo statico.
Controlli di accettazione
I controlli di accettazione in cantiere: - sono obbligatori e devono essere eseguiti a cura e sotto la responsabilità del direttore dei lavori
- devono essere effettuati contestualmente alla messa in opera del FRC
- devono essere eseguiti su provini prelevati in cantiere.
In aggiunta alle prove di accettazione richieste per la verifica di lavorabilità e di resistenza alla compressione, previste per il calcestruzzo senza fibre, per ogni miscela omogenea è obbligatorio fare almeno un prelievo di due campioni ogni 100 m3 di getto, da sottoporre a prova di flessione secondo la EN 14651.
Le prove saranno eseguite dopo 28 giorni di maturazione in ambiente controllato con temperatura T = 20 ± 2 °C e UR ≥ 95%, entro 45 giorni dal prelievo.
Controlli di pre-qualifica
Nel caso di impiego di impasto pre-miscelato è necessario eseguire, in aggiunta ai controlli accettazione descritti, ulteriori controlli di pre-qualifica in cantiere su almeno 3 prelievi (6 provini – EN 14651), realizzati dall’impresa adottando le modalità di impasto previste dal manuale di preparazione ed installazione del prodotto.
L’attività di prequalifica sarà coordinata dal direttore dei lavori.
I provini saranno sottoposti a prova in un laboratorio e le prove saranno eseguite dopo 28 giorni di maturazione in ambiente controllato con temperatura T = 20 ± 2 °C e UR ≥ 95%.
La richiesta di prove al laboratorio deve essere sottoscritta dal direttore dei lavori.
10 ragioni per imparare a progettare strutture in FRC
- Strutture: il calcestruzzo FRC migliora le caratteristiche strutturali a trazione, a
compressione e a taglio - Armature: un corretto mix di fibro rinforzi e armature può diminuire sensibilmente la
quantità di armatura negli elementi strutturali a vantaggio dei costi - Non solo pavimentazioni: il calcestruzzo FRC è utilizzato sia per elementi strutturali quali
travi e colonne, che per pareti, solette, serbatoi, etc. - Stati Limite: il calcestruzzo FRC migliora la risposta delle strutture sia agli SLU che agli SLE
in particolare nel ridurre la formazione di fessure in fase di esercizio - Sismica: sebbene non considerato dalle NTC2008 il calcestruzzo FRC diventa utile per
risolvere alcune problematiche legate alla progettazione sismica - Prestazioni si, mix design no: l’ingegnere deve imparare a richiedere al fornitore il
raggiungimento di determinate performance statiche, termoigrometriche, durabilità. La
misurabilità delle performances fa emergere i vantaggi tecnico-economici dei FRC - Buone pratiche: rispettare determinate buone pratiche di progettazione e posa in opera è
fondamentale per stare alla larga dai problemi tipici del calcestruzzo, sia esso con o senza
fibro rinforzi - Simulazione: ogni qual volta sia necessario allontanarsi dalle condizioni di lavoro ideali di
cui al punto precedente, la simulazione numerica diventa la indispensabile compagna
dello strutturista per prevedere ed ottimizzare il design strutturale - Competitività: saper progettare strutture in FRC consente al professionista di avere un
notevole vantaggio competitivo rispetto ad altri consulenti. - Esperienza: conoscere il comportamento dell’FRC rende il professionista più consapevole
anche dei limiti del calcestruzzo tradizionale e lo rende “esperto”.
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